sabato 26 ottobre 2013

Un ricordo di Giuliano Gemma in Romagna


Furono due mesi molto felici quelli trascorsi a Faenza da Giuliano Gemma durante la lavorazione del film dedicato al mitico partigiano forlivese Corbari. Del resto lo volevano tutti, lo invitavano tutti, e lui stesso fra una scena e l'altra chiedeva a quelli che gli erano più simpatici se c'erano programmi interessanti per la serata. Chi lo vedeva più spesso di tutti era certamente Giuliano Todeschini, l'attore/ferramentaio scomparso alcuni anni fa, anche perchè lo volle ospitare, insieme alla giovane e procace attrice francese Tina Aumont (scomparsa nel 2006 appena sessantenne), nell'appartamento sopra il suo, all'angolo tra Corso Mazzini e vicolo Diavoletto, di proprietà del nonno Tolomeo che campeggiava in un quadro con baffoni alla Stalin. E anche il figlio Alessandro, all'epoca 13enne, lo intravide spesso, "anche se il più delle volte soltanto sulllo scalone di casa: purtroppo avevamo orari troppo diversi. Una volta a tavola, però, ricordo che parlava di sedute spiritiche, allora molto di moda a Roma. Era una persona molto disponibile, e con noi bambini aveva sempre una parola gentile". C'è una leggenda su un conto telefonico pazzesco lasciato da Gemma, o forse dalla stessa Tina Aumont che chiamava spesso in Francia. Fatto sta che quando gli presentarono il conto, il simpatico Gemma fece un salto sulla sedia... ma siamo nel campo delle leggende. C'è di sicuro che la troupe lasciò molti insoluti in svariati ristoranti faentini. Gemma, inoltre, aveva fatto amicizia col signor Pasi, proprietario di uno storico negozio di Piazza del Popolo, la "Modatessile", oggi soppiantato da una profumerìa, famoso per la sua incredibile collezione d'armi, tra le quali persino la "Luger" che Hitler donò a Mussolini. Pasi pensò bene di prestare, a questo punto, alcune delle sue mitragliatrici della seconda guerra mondiale, pezzi rari e di notevole valore, al regista Orsini, che li accolse come manna dal cielo. Il problema fu che al termine delle riprese qualcuno della troupe riuscì a imboscarle, con grandissimo imbarazzo dello stesso Gemma. Chi conobbe ancor meglio l'attore fu però il Conte Tommaso Emaldi, uno dei più grandi personaggi della Faenza dell'epoca (parliamo degli inizi degli anni 70), anche per la strepitosa villa con annesso giardino in campagna verso Brisighella, in cui "Tommasino" era un infaticabile organizzatore di feste e festini in cui coinvolgere persone felici e dedite al divertimento sempre e comunque. "Fu la mia amica Ivana Anconelli - racconta Tommasino - a conoscere la troupe in giro per Faenza e a farmi conoscere Giuliano Gemma e Tina Aumont. E così decidemmo di festeggiare le nuove conoscenze con una festa, tanto per cambiare. In quel periodo eravamo sempre "in baracca". E fu così che Giuliano Gemma una bella sera si presentò alla villa dove oltre trecento persone erano ansiose di conoscere "Ringo". L'incredibile accade dopo mezzanotte quando ci fu una scazzottata, una roba da poco, ma che fu enfatizzata al massimo nei bar. Comunque volarono poltrone ed un pajo di persone. A questo punto tutti ci aspettavamo di veder intervenire Giuliano Gemma nei panni di "Ringo"... ed invece fu il primo a tagliare la corda! Tornò spesso a trovarci alle feste, e quando il film fu terminato venne a salutarmi e pareva anche molto dispiaciuto. Mi disse di andarlo a trovare a Roma, e io gli promisi che saremmo andati ma poi rimandammo sempre. Ci reincontrammo per caso a Cesena, a una serata Panathlon, con lui sul palco per una premiazione. Erano passati quasi trent'anni, ma mi riconobbe lo stesso! E ad un cero punto esclamò: "Ma vedo in seconda fila un mio caro amico di Faenza"... disse proprio così. Da commuoversi... era una gran bella persona". Tra le altre leggende nate in quel periodo si favoleggiò del "figlio di Giuliano Gemma", che nacque correttamente alla fine del 1970, ma che non somigliava affatto, però, al grande attore. Chi invece fece una conquista per davvero fu Alessandro Haber, all'epoca 23enne, il quale corteggiò e conquistò una delle più belle e ricche ragazze faentine. Quando però la giovane ebbe l'idea di presentarlo ufficialmente in famiglia, i suoi opposero un netto rifiuto, in quanto all'epoca gli attori venivano considerati personaggi poco raccomandabili e dal futuro precario. Haber se ne dovette tornare via sconfitto e col cuore spezzato, ma non dimenticò mai quell'amore giovanile, tant'è vero che poche anni fa, incontrando il nostro Conte Emaldi, provò a chiederne notizie, senza però ottenerne di recenti o sicure. 

mercoledì 16 ottobre 2013

Se ne va un altro grande. Questa mattina è morto Luigi Bernardi, scrittore e editore bolognese.

 
Questa mattina alle 6 è mancato Luigi Bernardi, che avevo conosciuto personalmente dopo la morte del mio compagno Horst Fantazzini. Era l'autore di uno splendido ricordo di Horst sul Domani di Bologna http://www.horstfantazzini.net/luigi_bernardi.htm, amaro e profondo come solo lui sapeva esserlo, Luigi Bernardi, in un panorama editoriale, giornalistico e umano spesso abbastanza sconsolante. Ebbi il piacere di incontrarlo il 16 dicembre 2003 durante la presentazione bolognese di un mio libro insieme a Marcello Baraghini di Stampalternativa della quale si occupò lui personalmente insieme ai suoi amici e colleghi Stefano Tassinari e Pino Cacucci; non era un uomo di molte parole, anzi poche, scarne e ruvide, ma con uno sguardo intensissimo che tradiva uno spirito sagace e una umanità buona e piena di interesse e di riconoscenza verso i pochi segnali di vita che attraversano questa società mortifera. Mi permetto di "rubare" per metterli qui una bellissima foto di Gilberto Veronesi e un ricordo di lui scritto da un altro grande scrittore, da noi molto amato, Pino Cacucci.

Patrizia Diamante


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<< E da oggi in poi, amico caro, come farò quando avrò voglia di commentare con te le carognate e le soddisfazioni della vita, per le quali avevi sempre una frase tagliente e saggia, e a chi telefonerò o scriverò o incontrerò, quando sentirò il bisogno di condividere il comune sentire e i sentieri in comune... Perché con te, Luigi, era sempre un piacere assorbire sapere e conoscenza, e questa povera Bologna non ha mai capito davvero quale tesoro avesse: il più attento e fertile editore, che era riuscito a creare qui una casa editrice, Granata Press, che è stata punto di riferimento per il fumetto d'autore e ha tenuto a battesimo scrittori che oggi sono conosciuti a livello internazionale, e tu, Luigi, sempre dieci, cento, mille passi avanti agli altri, forse troppo avanti, quando pubblicavi scrittori che, allora, nessuno o quasi conosceva e dopo, la "grande editoria" ha ripreso e diffuso...
Ti devo molto, perché se scrivo libri è grazie a te: correva l'anno... be', almeno 33 anni fa, quando vagheggiavo di fare il fumettaro, venni da te, allora avevi fondato e dirigevi L'isola trovata, e ti mostrai un mio fumetto sceneggiato e disegnato, e tu, dopo lunga e attenta visione, mi avevi detto: "Ma perché non ti metti a scriverla, questa storia?". E quella storia, sarebbe diventata "Punti di fuga", e da lì in poi, lasciate le matite, grazie a te, ho continuato, sempre in attesa dei tuoi consigli.
Scelgo un'altra foto tua, dei tempi memorabili e irripetibili di Granata Press, quando passavamo le giornate nella tua sede di via Marconi, un po' factory e un po' porto di mare, dove Magnus compariva strampalato e sagace, dove a ogni ora eravamo sicuri di trovarci persone sensibili, creative, generose, e quasi sempre dotate di quel pizzico di squilibrio e disadattamento alla realtà che le rendeva uniche e capaci di suscitare emozioni in chi avrebbe letto le loro opere, dal fumetto alla narrativa... Non è vero, Luigi, che nessuno è insostituibile: tu lo sei, lo resterai per sempre, almeno finché questa vita durerà per me e per tanti altri come me.
Ci hai lasciato i tuoi libri, perché da scrittore ci hai dato moltissimo, e ti saluto con un dolore che mi spezza, infiltrato da un po' di rancore per la città che non ha capito mai davvero quanto tu le abbia dato, quanto valore avesse il punto di riferimento editoriale che avevi creato. >>

PINO CACUCCI 









domenica 13 ottobre 2013

Ricorrenze ferroviarie e stradali


Anno DuemilaTredici: un anno ricco di compleanni nel campo dei trasporti! Quest'anno infatti ricorre il 2300esimo della costruzione della Via Emilia, che va da Piacenza a Rimini, e di cui parleremo prossimamente, ad opera del console romano Marco Emilio Lepido. Ma, tornando a tempi più vicini ai nostri, e rimanendo nel campo ferroviario, si festeggia il 120esimo della Faentina, che collega Faenza e Firenze, e di cui si è parlato in un recente post in modo non certo lusinghiero. Ma torniamo alla storia pura e semplice. Il 23 aprile 1893, un treno a vapore tutto imbandierato partito da Santa Maria Novella, giungeva trionfalmente a Faenza nel primo pomeriggio, dopo essere stato salutato da una folla in visibilio in ogni stazione del percorso. Un entusiasmo giustificato prima di tutto dalla modernità e dall'arditezza dell'opera: 51 gallerie per complessivi 23 chilometri su 101 totali, 55 ponti e viadotti, 15 stazioni, 54 passaggi a livello, 18 cavalcavia e 113 sottopassi, il tutto per una spesa, enorme per l'epoca, di 70 milioni di lire. Soldi ben spesi, ove si consideri l'enorme ricaduta economica che generò l'apertura di questa tratta. All'epoca Toscana ed Emilia-Romagna erano collegate tramite ferrovia solo dalla linea Massa-Pontremoli-Parma (ovest della Regione), e dalla Pistoia-Porretta Terme-Bologna, mentre la Direttissima Firenze-Bologna arriverà solo nel 1934. Inoltre, l'entusiasmo era generato anche dal sospirato compimento di un'opera che aveva richiesto tempi molto lunghi per le scelte del percorso, sopratutto nella parte toscana, e per la complessità degli ostacoli. I lavori iniziarono nel 1880, dal versante Faenza-Marradi, e ci vollero ben otto anni per completare questi primi 35 chilometri. Nel 1884 erano intanto partiti i lavori della tratta Firenze-Borgo San Lorenzo, e anche qui fu un affare lungo sei anni. Nello stesso anno iniziarono i lavori nella tratta finale tra Borgo San Lorenzo e Marradi, cioè la più impegnativa in assoluto. Il punto più difficile fu ovviamente il superamento dello spartiacque, e questo richiese una soluzione ingegneristica molto ardita: quasi quattro chilometri di galleria, che prese il nome "Degli Allocchi", dal nome del colle alto 1.015 metri che è perpendicolare alla galleria, che invece si trova a quota 560.
Fino all'apertura della direttisima Bologna-Firenze, la Faentina rivestì un'importanza economica notevolissima: durante il primo conflitto mondiale era percorsa giornalmente da ben 60 coppie di convogli, a fronte dei 70 che transitavano sulla Porrettana. Dopo il ridimensionamento causato dall'apertura della Firenze-Bologna, arrivò il declino, e, sopratutto i danni causati dalla seconda guerra mondiale, che furono tanti e tali che la tratta venne ripristinata solo nel 195, per la tratta Faenza-Borgo San Lorenzo, mentre per la tratta originale Borgo San Lorenzo-Vaglia-Fiesole-Firenze si dovette aspettare fino agli anni 90. Particolare macabro: la ferrovia ottocentesca all'inizio veniva chiamata la ferrovia dei 100 morti, dal numero dei morti sul lavoro, in pratica uno a chilometro.

Ora però si guarda al futuro: in questi anni si è costituito il Comitato degli amici della Faentina, al quale partecipano tutti gli amministratori dei Comuni interessati. "Il nostro interesse alla valorizzazione della linea è assoluto" afferma Giovanni Malpezzi, sindaco di Faenza "la riteniamo fondamentale sia dal punto di vista turistico, sia per il trasporto dei pendolari". Per il vicesindaco Massimo Isola "il progetto Treno di Dante è una grande opportunità, perchè mette in collegamento i "brand" di Firenze e diRavenna, Ci darebbe la possibilità di formulare pacchetti turistici mirati a queste due realtà così importanti". E comunque, dal punto di vista strutturale, le redini della Faentina le tiene Firenze. Appena oltre confine, a Marradi, il tema è molto sentito: "A breve incontrerò l'Assessore ai Trasporti della Regione" fa sapere il sindaco marradese Tommaso Triberti "per capire quali sono le prospettive. Rispetto a due anni fa i treni sono stati migliorati, la frequenza è buona. Per quanto riguarda il Treno di Dante, si tratta di una scommessa turistica che potrebbe incrementare i numeri. C'è però un problema strutturale: Rete Ferroviaria Italiana sta dismettendo alcuni scambi nelle stazioni minori fra Borgo e Firenze, il che rischia di rendere la linea più rigida, favorendo i ritardi". Triberti ritiene inoltre indispensabile un'ulteriore rinnovamento dei mezzi. A tal proposito si è sempre in attesa dei famosi 30 milioni destinati alla Faentina, che facevano parte dell'accordo sulle compensazione per i lavori dell'Alta Velocità nel Mugello, e che per ora non si sono ancora visti. Nel frattempo a Marradi, in queste settimane, i 120 anni della Faentina sono al centro di una mostra fotografica presso il piccolo ma grazioso Teatro degli Animosi, in occasione della consueta Sagra delle Castagne, per la quale sarà riproposto il classico treno a vapore, con partenza da Rimini la mattina, e ritorno la sera nella città rivierasca.

mercoledì 2 ottobre 2013

NEVIO SPADONI


Questo post è dedicato ad un nostro amico, il poeta e drammaturgo Nevio Spadoni, che ha vinto recentemente il Premio Guido Gozzano, in pratica l'ultimo di una lunga e meritata serie di riconoscimenti.


Nevio Spadoni è nato a S. Pietro in Vincoli (Ravenna) nel 1949, ma dal 1984 risiede a Ravenna. Laureatosi presso l’Università di Bologna, ha insegnato fino a due anni fa Storia e Filosofia nelle Scuole Superori. Vincitore di numerosi premi, collabora con giornali e riviste. Ha curato con Luciano Benini Sforza, poeta e insegnante di Lettere a Ravenna, l’antologia Le radici e il sogno. Poeti dialettali del secondo Novecento in Romagna, Ed. Moby Dick, Faenza, 1996. In questi ultimi anni si è dedicato al teatro di poesia, ottenendo con i suoi monologhi successi a livello internazionale grazie alle interpretazioni dell'attrice Ermanna Montanari, sua compaesana e anima del Teatro delle Albe di Ravenna. Per conoscere il suo teatro è uscito nel 2003, stampato dalle Edizione del Girasole, sempre di Ravenna, il volume Teatro in dialetto romagnolo, con una nota di Gianni Celati.


U m'armànza ad te



U m’armânza ad te
di rez trapesa dal rôs,
un fil d’vósa alzira
coma ’na pioma ad piopa,
la camisa strufignêda.
Un udór sambêdgh
da la marena
int la séra,
ch’la n’è piò la nöstra.

(da Al voi)

MI RIMANE DI TE – Mi rimangono di te riccioli nascosti tra le rose, un filo di voce leggera come una piuma di pioppo, la camicia stropicciata. Un profumo selvatico dalla marina nella sera, che non è più la nostra.