lunedì 24 agosto 2009

C'era una volta Bertinoro

Reportage triste da una serata domenicale di fine agosto nel balcone di Romagna. Bertinoro è un paesino medioevale, sito su due collinette, di cui una utilizzata in gran parte da un ripetitore TV già dagli anni 60, alte circa 300 metri e a metà strada fra Cesena e Forlì. Un paesino in gran parte medioevale, con in piazza l'antica colonna "dell'ospite", munita di anelli a cui i viandanti legavano i finimenti dei cavalli. Un paesino cantato dal grande poeta romagnolo Aldo Spallicci, scomparso da alcuni decenni, e che reca una curiosità simpatica: il Club dei Brutti, che ogni anno promuove la gara per stabilire il più brutto d'Italia. Una località un tempo di gran moda e dove si mangiava molto bene. Ma il degrado e la recessione non hanno risparmiato questo ex angolo felice. Metà paese è in vendita: case private e attività di ogni tipo. Gli affitti sono alti, considerato che poi ti devi spostare in pianura per tutto: dai 500 in su, e le case sono tutte piccole e quasi tutte da ristrutturare. I ristoranti, come la mitica Cà de Bè, che è anche piccolo museo della civiltà vinicola locale, sono sporchi, offrono un servizio appena passabile e risparmiano su tutto. Alla Cà de Bè si mangia all'esterno sulla terrazza con tavoli presi dall'OBI -plastica verde da giardino- con posate leggerissime da discount. L'ordine ti arriva dopo più di mezz'ora e la piadina servita è senza infamia nè lode: Il Ristorante Belvedere che una volta serviva crostini da sogno ha cambiato gestione, e ora propone menù per tasche ben fornite dai 40 in sù per un pasto completo. Quanto buono non si sa. Non che alla Cà de Bè si sia speso poco: in due per una bottiglia d'acqua, un crescione e una piadina al formaggio 12,70 euro. E ti alzi che hai ancora fame. Non è andata meglio in una crostinoteca alla fine del paese verso ovest. Venti euro per "crostini" fatti su pane da pancarrè di evidente provenienza Conad a essere generosi (addirittura pezzi di margherita che non c'entrano nulla) con mini bottiglia d'acqua e bicchiere di vino rosso. Il gestore, se non altro, compensa con un dolce e un caffè offerti alla fine, ma il disagio nostro e suo è palpabile. Addirittura quando gli rievoco i tempi dei crostini del "Belvedere", si allarga: "E i nostri come sono?". Roba da piangere. Non a caso, a parte la Cà de Bè, i locali sono tutti semivuoti e tristi, con luci pubbliche a dir poco spettrali. In piazza c'è un tizio che suona canzoni alla chitarra di un pò tutti gli autori possibili, ma senza nemmeno uno straccio di amplificazione, davanti a quattro gatti tristi come bisce. Pochissime coppie a braccetto in quello che un tempo era il paese degli innamorati per antonomasia. Il castello, vestigia di tempi assai più gloriosi, sembra guardare impotente dalla sommità del colle tutto questo degrado moderno. Un pò la crisi, un pò le mode che passano, ma non è più la Bertinoro dei miei anni verdi. E con lei anche la Romagna, in palese crisi d'identità ormai da un pezzo. Rievocare la "vecchia" Romagna mi sembra quasi di riesumare il vecchio West con Toro Seduto e il generale Custer. Che tristezza, davvero.