martedì 24 giugno 2014

Siamo sempre più in pericolo...

 

Una notizia che avrebbe dovuto avere un grande rilievo è passata sotto silenzio; solo “Il Fatto” on line regionale l’ha riportata, poi ripresa e diffusa dal sito di PeaceLink da cui riprendiamo passi dell’articolo. Stampa locale, silenzio totale.


“Un carico di granoturco ucraino contaminato da diossina, sostanza altamente tossica e cancerogena di oltre ventimila tonnellate di mais sono arrivate a marzo al porto di Ravenna destinate ai mangimifici e agli allevamenti italiani”. È la denuncia che arriva dal sito d’informazione PeaceLink, e che trova conferma in ambienti sanitari e al ministero della Salute. Secondo quanto appreso dal fattoquotidiano.it, l’11 giungo, infatti, l’Ausl della Romagna ha attivato il sistema di allerta rapido, denominato rasff, per una partita di grano con un livello di sostanze dannose pari a circa quattro volte i limiti di legge. Una procedura che comporta l’immediato blocco delle merci e degli alimenti, uova, carne e latte, provenienti da animali a rischio. Così da ridurre al minimo il pericolo per i consumatori.
Ricostruendo il percorso del grano intossicato, si scopre che la nave, denominata Tarik-3, parte a inizio marzo da Illychevsk, uno dei principali snodi portuali di quella che spesso viene soprannominata “il granaio d’Europa”, ossia l’Ucraina.



Sulla nave Tarik-3 ci sono poco più che 26 mila tonnellate (di cui 20 mila commercializzabili) di grano a uso zootecnico.  Passa la frontiera e arriva a Ravenna, dove il 5 marzo cominciano le operazioni di sbarco, che termineranno 6 giorni dopo.  A giugno poi il carico, esportato da una società svizzera e comprato da una srl di Ravenna, viene smistato in due magazzini, mettendo in moto 900 camion.
Ma a quel punto i monitoraggi del servizio sanitario locale sono già partiti. Il 15 maggio infatti viene prelevato un campione e finisce nei laboratori della sede bolognese dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Lì vengono avviate le analisi. E i risultati evidenziano un livello di intossicazione parecchio superiore ai valori minimi consentiti. Entrando nello specifico, si tratta di 2,92 nanogrammi di diossine e furani per chilogrammo, contro un limite fissato a 0,75.
Da qui l’attivazione del sistema di allerta comunitario (Rapid alert system for food and feed), che consente di notificare in tempo reale i rischi per la salute pubblica legati ad alimenti, mangimi e materie prime, e permette di informare tutti gli stati membri. Nel caso del granoturco ucraino il grado di rischio è elevato: viene classificato come “allerta,” che è il livello massimo. Detto in altre parole, significa che il prodotto comporta un grosso pericolo per la salute del consumatore, perché è già in commercio e già nel circuito degli allevamenti.
“È un fatto molto grave, perché bastano poche settimane per contaminare un animale” è il commento di Alessandro Marescotti, presidente di PaeceLink, che il 19 giungo ha mandato un appello al governo per fare chiarezza sulla vicenda e sulla reale dimensione del rischio.
Per questo ora il carico, rintracciato e bloccato, non può essere diffuso, né venduto. E non è escluso che, nei prossimi giorni, le analisi sul mais ucraino realizzate dall’Ausl arrivino anche sul tavolo della Procura.
“Servono controlli obbligatori e verifiche più stringenti” spiega ancora Marescotti. “Noi da tempo parliamo della necessità di creare un marchio Dioxin free, proprio come quello Ogm free. Darebbe la possibilità alle aziende di certificare i propri prodotti come liberi da diossina, che è una sostanza cancerogena, trasmissibile da madre a figli, e che entra nel nostro corpo quasi esclusivamente con l’alimentazione”.
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Certo che se i controlli al porto di Ravenna vengono effettuati dopo che i prodotti sono già stati scaricati e portati a destinazione, diventa difficile il blocco, in caso di irregolarità…

Per saperne di più vedi anche : http://www.peacelink.it/ecologia/a/40285.html

lunedì 23 giugno 2014

Il calcio Ribelle











Sicuramente molti sanno della promozione in serie A del Cesena, dopo gli spareggi playoff col Modena e con il Latina, ma pochi sanno di un autentico miracolo, avvenuto a cavallo fra le province di Ravenna e Forlì. Castiglione di Ravenna è infatti una frazione del Comune di Ravenna che conta circa 950 residenti, bagnata dal fiume Savio che scende da Cesena e che la divide con la cittadina gemella di Castiglione di Cervia. Ebbene, la locale squadra di calcio, inclusa nel girone dilettanti di Eccellenza, ha terminato la stagione regolare a pari punti con la Sammaurese di San Mauro Pascoli, a circa venti chilometri di distanza. Da notare che nello stesso girone militavano squadre di città quali Ravenna e Faenza. Lo spareggio si è disputato quindi a Forlì, e a sorpresa la vittoria (1-0) è andata proprio alla squadra ravennate, che il prossimo anno sarà l'unica squadra dell'intera provincia a disputare un campionato semiprofessionistico. Sì, perché da quest'anno, causa la crisi, la FIGC ha deciso di ritornare all'antico, eliminando la serie C2. In pratica vi saranno serie A, serie B, serie C, serie D, eccetera. Per una frazione di nemmeno mille persone è quindi un grande onore militare in quarta serie, e doversi misurare con squadre nobili decadute, come l'Imolese o il Rimini, e dover anche affrontare trasferte fuori regione per la prima volta nella sua storia. Grande entusiasmo quindi per questa squadra, la Ribelle, ritratta in questa foto dopo lo spareggio di Forlì.
Anche Forlì comunque gode. Dopo trentatré anni ritorna in terza serie, vincendo lo spareggio col Porto Tolle, che farà quindi la serie D dopo un solo anno di C2. Gode anche il San Marino, che avrebbe dovuto retrocedere dalla C1, ma che rimane in terza serie, col fatto che quest'anno dalla C1 non c'erano retrocessioni. La Romagna si presenterà quindi col Cesena in A, il Forlì, il Santarcangelo e il San Marino in serie C, Ribelle, Bellaria, e Romagna Centro di Martorano (frazione di Cesena, stesso discorso che vale per la Ribelle), in serie D. Delusione per il Ravenna che dato per favorito in Eccellenza, si piazza solo al terzo posto, dietro alla Sammaurese. Delusione anche per quest'ultima che, nello spareggio dei playoff, perde in casa 0-1 col Rieti dopo aver pareggiato 1-1 in Centro Italia. Retrocede in D il Bellaria e il Rimini, e in Eccellenza il Riccione, mentre sale per la prima volta in Eccellenza il Conselice, che il prossimo anno si batterà in un derby infuocato coi vicini del Massalombarda, e il Vallesavio di Borello. Nelle serie inferiori salgono in Promozione Cotignola e Savarna, mentre sprofonda definitivamente il glorioso Baracca Lugo, travolto da una serie annosa  di crisi societario-finanziarie. Last but not least, il calcio femminile. Esiste anche quello, anche se nessuno ne parla mai, figuriamoci in un momento come questo. Bene, anche qui un piccolo grande miracolo. Un'altra frazione di Ravenna, San Zaccaria, circa mille abitanti anch'essa e, guarda caso, a pochissima distanza da Castiglione di Ravenna, ha visto salire la propria squadra, quella femminile, addirittura nientepopodimeno che in serie A! Ebbene sì, la pulce San Zaccaria il prossimo anno sfiderà squadre di città metropolitane come, ad esempio, il Milan. Butta via.

sabato 7 giugno 2014

I Romagnoli e la Rivoluzione


Si ricorda in questi giorni il centenario della "Settimana Rossa", segnatamente ad Ancona, da dove partì tutto, e in Romagna, dove si ebbero gli sviluppi ideologicamente più interessanti. Il tutto fermentò in un contesto economico di grande povertà e politico di grande agitazione. C'erano guerre e guerricciole che stavano preparando il terreno per l'esplosione finale della Grande Guerra. L'Italia aveva invaso la Libia tre anni prima, e il 30 ottobre di quell'anno un giovane coscritto anarchico imolese, Augusto Masetti, sparò al Colonnello Stroppa in una caserma di Bologna, ferendolo ad una spalla. Masetti fu immediatamente internato presso il manicomio criminale della sua città, divenendo l'icona di tutti gli antimilitaristi dell'epoca. In quegli anni la polizia sparava a raffica sui dimostranti che reclamavano pane e lavoro, e gli eccidi non si contavano. Si giunge così al 9 maggio 1914, quando ad Ancona gli antimilitaristi propongono per la domenica 7 giugno una manifestazione "Pro Masetti", organizzata da repubblicani, socialisti e anarchici. Uno degli oratori è il 24enne Pietro Nenni da Faenza, all'epoca repubblicano, ma destinato ad un futuro di primo piano nel PSI del secondo dopoguerra. Dopo il comizio un certo numero di partecipanti si dirige verso una vicina caserma, difesa da ingenti forze di polizia. In pochi minuti tutto divampa: al lancio di pietre da parte dei dimostranti, la polizia spara ad alzo zero, e la gente scappa verso il porto. Per terra rimangono in tre: due repubblicani, Budini e Casaccia, che muoiono all'Ospedale, e un anarchico, Giambrignani, ucciso sul colpo, tutti di età compresa fra i 17 e i 24 anni.


La notizia provoca l'immediato sciopero generale da parte dei vari sindacati, e l'esplosione di scontri, fra la gente esasperata e l'esercito, un po' ovunque. Particolarmente cruenti a Napoli, con cinque morti, ma ci furono morti anche a Torino, Firenze e Bari, e numerosissimi feriti a Roma, Milano, Genova e altre zone ancora. Vengono presi d'assalto commissariati, stazioni ferroviarie, sedi di banche anche a Bologna, Rimini, Piacenza, Palermo, Trieste, Imola, Faenza, Castelbolognese, eccetera. Ma è nella zona est della Romagna che la faccenda prende una piega molto più interessante. L'epicentro è in una zona compresa fra Ravenna e Fusignano, con particolari effetti ad Alfonsine, Mezzano e Villanova di Bagnacavallo. Mercoledì 10 oltre 10000 persone affollano la piazza principale di Ravenna, ora Piazza del Popolo. Si tenta l'assalto alla prefettura. Nei tafferugli una bottiglia colpisce alla testa il commissario di polizia Giuseppe Miniagio, che morirà due giorni dopo senza aver ripreso conoscenza. Sarà l'unica vittima in Romagna. La vicina Chiesa del Suffragio viene assalita e saccheggiata. Si erigono barricate in tutto il centro, vengono tagliati i pali del telegrafo e quelli del telefono: Ravenna è isolata dal mondo. Le voci corrono incontrollate: la Rivoluzione, culto agognato da decenni dai Romagnoli, in massima parte repubblicani e anarchici è scoppiata in tutto il Paese. Il Re e la Regina sono fuggiti e Filippo Turati, leader socialista, è ora il primo Presidente della Storia Repubblicana d'Italia! Anche un romagnolo che in quel momento si trova a Milano soffia sul fuoco: si chiama Benito Mussolini, è socialista e Direttore de "L'Avanti!", ma mal gliene incoglie. Infatti, viene bastonato a sangue dalla polizia che irrompe nella sede del giornale. 

In Romagna la rivolta dilaga, e assume connotati anticlericali. Si incendiano le chiese a Mezzano, Alfonsine, Villanova di Bagnacavallo, e anche a Faenza e Forlì. Ad Alfonsine viene incendiato il Municipio, (foto sotto), che pure era retto da Camillo Garavini, socialista, e il Circolo dei Monarchici.


Vennero immediatamente creati comitati rivoluzionari e governi provvisori. A Fusignano e in altre località vennero eretti i pittoreschi "Alberi della Libertà", di chiara ispirazione rivoluzionaria-francese del 1789. 


Poi, come tutto era iniziato in fretta, tutto terminò in fretta. Il governo Salandra, di centro-destra, comincia a mostrare i muscoli, e invia la Cavalleria Regia in Romagna. E i dirigenti nazionali, da Nenni a Mussolini, capiscono di aver spinto un po' troppo in là il gioco, e dichiarano più o meno questo: "Cari compagni e fratelli, ci siamo sbagliati. Il momento non è ancora propizio. Meglio ritornare ai propri focolari domestici". Il 12 giugno una colonna di 200 cavalieri entra a Ravenna proveniente da Savio, al comando del Generale Agliardi, senza incontrare resistenza. Tempo tre giorni e cominciano i processi per direttissima. Molti esponenti del moto rivoluzionario fuggono in Svizzera o a San Marino, (foto sotto), ma vengono ugualmente presi e condannati.


Camillo Garavini viene rieletto il successivo 26 luglio, ma non se ne farà nulla, poichè Alfonsine viene commissariata dal Governo. Le pene furono tutto sommato miti, e inoltre, con la nascita della figlia del Re Vittorio Emanuele Terzo verso la fine del 1914, fu proclamata l'amnistia e tutti tornarono a casa. La Rivoluzione insomma, poteva aspettare. Non aspetta però la Grande Guerra, che scoppia quello stesso mese, il 28, e a cui l'Italia partecipa dal 24 maggio 1915. E se le pene, come abbiamo detto, in un primo tempo furono miti, poi la guerra alzò di molto il prezzo. I Romagnoli, considerati -non a torto- teste calde e insubordinati, furono mandati quasi sempre in trincea, e obbligati a uscire per primi quando era ora di assalire gli Austriaci, andando incontro a morte sicura. Pochi anni fa un certo Dal Pozzo, ravennate, ora deceduto, mi raccontò di essere l'unico del suo gruppo (facente parte della Brigata Sassari), ad essersi salvato, perché uscendo dalla trincea inciampò in una pietra, e cadendo per terra battè il capo e rimase svenuto, mentre tutti i suoi compagni venivano falciati dalle mitragliatrici nemiche.

L'Italia vinse la Grande Guerra ad un prezzo esorbitante: 682.000 morti, 1 milione di feriti tra i quali 300.000 invalidi, distruzioni, miserie, fame e sporcizia. Pochi mesi dopo l'influenza detta "Spagnola", aggravata anche dalle condizioni di estrema sporcizia, ucciderà quasi 300.000 italiani, oltre ad altre 21 milioni di persone in tutto il Mondo. Ulteriori conseguenze di questa Guerra furono disoccupazione, miseria, e quindi la nascita del Fascismo e in Germania del Nazismo. Forse sarebbe stato meglio, chissà, se la Rivoluzione avesse vinto davvero.