martedì 27 agosto 2013

Cabaret in dialetto romagnolo!


La Compagine di San Lorenzo di Lugo è un caso di longevità e qualità quasi unico. Il gruppo teatrale è stato fondato dai Gianni e Paolo Parmiani circa trent'anni fa, provenendo da esperienze e tradizioni familiari che risalgono alla prima metà del Novecento. Paolo è autore dei testi teatrali e musicali e Gianni (a volte coautore), una macchietta assolutamente incredibile. Un mix riuscito, insomma, supportato dallo storico chitarrista Ruffini, e da caratteristi collaudatissimi come Nichele o Dalprato. Vincitori di numerosi premi in rassegne locali, hanno tracciato vie nuove per rinnovare il panorama del teatro vernacolare romagnolo, traducendo e adattando testi di autori storici ma molto complessi, come ad esempio Pirandello. In questo filmato di circa mezz'ora alcuni dei loro migliori pezzi, durante una serata di inizio agosto a Massalombarda, presso Lugo. Gianni e Paolo in questa occasione sono accompagnati da due nuovi musicisti.


venerdì 23 agosto 2013

Centocinquant'anni di ferrovia

Treni, 150 anni fa la nascita della Castel Bolognese-Ravenna


Oggi il sindaco e i gruppi consiliari del Comune di Castel Bolognese ricordano l’importante inaugurazione della ferrovia Castel Bolognese-Ravenna, avvenuta il 23 agosto 1863. Come ricorda Paolo Grandi, consigliere comunale, storico locale, esperto ed autore di diversi scritti sui treni a Castel Bolognese, col primo settembre 1861 veniva ufficialmente aperta al pubblico la ferrovia Bologna-Forlì, e il primo treno a vapore mai visto dai cittadini castellani passò dalla loro cittadina.
Ma già mentre fervevano i lavori di costruzione della ferrovia adriatica, nacque il problema del collegamento con Ravenna e il suo importante porto. Il punto era trovare la località più opportuna per allacciare la nuova ferrovia per Ravenna all’Adriatica. Di questo si fece carico Luigi Gamba, nobile ravennate e ministro del governo Farini (anche lui romagnolo). L’ing. Carlo Scarabelli di Imola, investito della questione, in uno scritto del 1860 propugnò la soluzione del collegamento a Castel Bolognese, che si rivelò vincente: il 7 dicembre 1861 un decreto governativo sanzionava la concessione per la costruzione della linea Castel Bolognese-Ravenna, e i lavori furono assegnati alla ditta milanese Gonzales e Tatti.
L’intera tratta fu aperta, appunto, il 23 agosto 1863. Sempre Grandi ricorda come la progettazione della linea venne fatta in breve tempo. Diventando nodo ferroviario, la stazione di Castel Bolognese fu ingrandita: vennero prolungati i binari verso Bologna, fu ampliato il fabbricato viaggiatori, venne realizzato il binario 4 a servizio del traffico viaggiatori e fu costruito un piccolo deposito locomotive con piattaforma girevole lato Rimini e il deposito per le carrozze lato Bologna.
In quel lontano giorno di centocinquant'anni fa i Ravegnani accolsero festosamente il primo treno della linea sul quale viaggiarono i sindaci di Castel Bolognese e di Ravenna, il Prefetto, il Provveditore agli Studi e, come rappresentante del Re, il Principe Eugenio di Savoia-Carignano con un seguito nutrito. La festa cittadina proseguì in serata al Teatro Alighieri, capace di 900 posti, illuminato a giorno da lampade a gas, ma fu guastata da tumulti provocati da alcuni ravennati di fede Repubblicana, che non gradirono la presenza a Ravenna del Generale Cialdini, che l'anno prima aveva fermato Garibaldi sull'Aspromonte mentre si avviava verso Roma, sparandogli addosso. In quell'occasione morirono dodici garibaldini e fu ferito lo stesso Garibaldi, da cui nacque una famosa canzoncina popolare. I tumulti, tra l'altro, videro protagonisti alcuni volti noti della nobiltà cittadina, che furono incarcerati e rilasciati mesi dopo grazie all'esborso di una salatissima penale. Durante il primo conflitto mondiale, la ferrovia Castel Bolognese-Ravenna fu oggetto di un notevole traffico. La stazione di Ravenna fu bombardata dagli Austriaci e, insieme con lei, una parte della linea ferroviaria.
Nella stazione di Castel Bolognese invece si lavorava alacremente: le tradotte ferroviarie che pervenivano da Firenze, arrivavano a Castel Bolognese; di qui ripartivano per Lugo, da dove con regresso proseguivano per Lavezzola, Ferrara e per il fronte. Inoltre, vari treni ospedali venivano smistati e trasferiti sulla breve ferrovia privata per Riolo Terme. Arrivò poi la seconda guerra mondiale e le stazioni di Castel Bolognese e di Ravenna furono bombardate e l’intero tronco subì molti danni. Il dopoguerra si aprì all’insegna della ristrutturazione. Furono rinnovati i binari e le traversine, vennero ricostruite le stazioni di Castel Bolognese, Russi e Ravenna, mentre le rimanenti subirono restauri. Nel 1960 la linea venne completamente elettrificata. Oggi la Castel Bolognese-Ravenna è interessata da un notevole flusso di viaggiatori pendolari e anche il traffico merci è notevole. Per i prossimi mesi, si sta pensando di organizzare un’esposizione sulla stazione e il nodo ferroviario di Castel Bolognese. Una cosa, alla fine, è certa: nel 1860 le cose si realizzavano molto più volecemente di oggi.



mercoledì 21 agosto 2013

Un grande uomo, sebbene prete



Torniamo a parlare di Don Francesco Fuschini, parroco di Porto Fuori (frazione a 5 chilometri da Ravenna) dal 1947 al 1983, ivi mandato perchè "Lì ci sono solo anarchici e danni non ne farai", come disse l'allora arcivescovo di Ravenna, Monsignor Baldassarri. In realtà Don Fuschini di "danni" ne farà molti. Scriverà una serie di racconti che appariranno sul "Resto del Carlino" negli anni 60 e 70, e che verranno poi raccolti nel famoso bestseller "L'ultimo anarchico", edito a Ravenna nel 1980 dall'indimenticabile Mario Lapucci, l'editore del "Girasole". Ma farà anche di più: nel 1946 crea la "Compagnia del Buonumore", gruppo teatrale sia in lingua che in vernacolo romagnolo. E a questo punto diamo spazio a ciò che scrive Renzo Guardigli, ultimo superstite del gruppo originale, nel suo libro "E adess c'sa fasegna?" (E adesso che si fa?), uscito alcuni anni fa subito dopo la scomparsa di Don Fuschini.


In quel periodo era un pensiero che dominava spesso le nostre menti. Il timore che Don Fuschini ci facesse la proposta di associarsi all'Azione Cattolica, o ad altre associazioni religiose, sarebbe stato per noi un grande dolore. Non potendo aderire a una tale richiesta avremmo perso quel nido appena creato dove avevamo riposto i nostri sogni. Ma egli aveva già letto i nostri pensieri e, con il coinvolgimento di Paolo Maranini, studiò una formula che ci diede la possibilità di partecipare e sentirci parte attiva della nuova associazione senza dover aderire formalmente. Fu un colpo di genio, altrimenti il gruppo si sarebbe certamente sciolto, dato che specialmente i primi arrivati erano sì molto religiosi, ma provenienti da famiglie repubblicane o socialiste. Con la stesura dello Statuto redatto da Maranini, neolaureando in legge, si trovò una forma di società che fu accettata da tutto il gruppo e che tuttora funziona. Per molti anni mi sono chiesto perchè Don Fuschini in tutti i suoi scritti non abbia mai fatto cenno alla Compagnia. Forse, giustamente, la riteneva una opera sua e in quanto tale, nel suo stile, che riprendeva il tema dei venticinque lettori di Manzoni, lui si rivolgeva ai suoi due lettori, e quindi non spettava a lui farne cenno. Era l'autunno del 1946 quando alcuni ragazzi, sotto la guida dell'allora 32enne Don Fuschini, presentarono a parenti e amici la loro prima messa in scena, "Pancrezi" (Pancrazio), un atto unico, con ragazzi anche nelle parti femminili. Il gioco, perchè così era partito, colpì tutti come una scossa elettrica, e così si continuò per un paio d'anni con scherzi e farse in dialetto. Nel '49 Don Fuschini, approfittando del rapporto che aveva con il Ricreatorio arcivescovile, che aveva a disposizione un vasto repertorio di copioni e di costumi d'epoca, decise di mettere in scena "I due Sergenti", al quale seguirono nel '50 "Il Conte di Montecristo", nel '53 "Tramonto di sangue", nel '54 "Il gondoliere della Morte", per poi continuare per diversi anni con drammi d'epoca miste a commedie in italiano. Si lavorava in due gruppi distinti e le ragazze si presentavano autonomamente solo con farse e commedie in italiano, come ad esempio "Raggio di Sole", "La vendetta dello zingaro", eccetera.

Nel 1952 con la fusione dei due gruppi, la Compagnia uscì con l'unica operetta della sua storia, "Una gara in montagna", con la direzione artistica di Don Fuschini, e maestro di musica Don Giovanni Zanella. Ebbe un discreto successo ma essendo una cosa molto complessa, con un discreto numero di coristi e comparse, non ebbe seguito. Nel '55 ebbero inizio le recite vere e proprie in Romagnolo. La prima commedia fu "Amor d'campagna" di Icilio Missiroli (primo sindaco di Forlì dopo la Liberazione e ritenuto uno dei maggiori autori di commedie romagnole, ndr). Ne seguiranno moltissime altre, prese dai migliori autori di commedie in vernacolo romagnolo: Corrado Contoli, Delmo Fenati, Bruno Marescalchi, e vari altri. Sono passati ormai oltre sessant'anni e siamo ancora qui, e ancora oggi, come allora, cerchiamo di passare e far passare allegramente una serata, sempre seguendo gli insegnamenti del nostro piccolo pretino, grande Maestro.