mercoledì 21 agosto 2013

Un grande uomo, sebbene prete



Torniamo a parlare di Don Francesco Fuschini, parroco di Porto Fuori (frazione a 5 chilometri da Ravenna) dal 1947 al 1983, ivi mandato perchè "Lì ci sono solo anarchici e danni non ne farai", come disse l'allora arcivescovo di Ravenna, Monsignor Baldassarri. In realtà Don Fuschini di "danni" ne farà molti. Scriverà una serie di racconti che appariranno sul "Resto del Carlino" negli anni 60 e 70, e che verranno poi raccolti nel famoso bestseller "L'ultimo anarchico", edito a Ravenna nel 1980 dall'indimenticabile Mario Lapucci, l'editore del "Girasole". Ma farà anche di più: nel 1946 crea la "Compagnia del Buonumore", gruppo teatrale sia in lingua che in vernacolo romagnolo. E a questo punto diamo spazio a ciò che scrive Renzo Guardigli, ultimo superstite del gruppo originale, nel suo libro "E adess c'sa fasegna?" (E adesso che si fa?), uscito alcuni anni fa subito dopo la scomparsa di Don Fuschini.


In quel periodo era un pensiero che dominava spesso le nostre menti. Il timore che Don Fuschini ci facesse la proposta di associarsi all'Azione Cattolica, o ad altre associazioni religiose, sarebbe stato per noi un grande dolore. Non potendo aderire a una tale richiesta avremmo perso quel nido appena creato dove avevamo riposto i nostri sogni. Ma egli aveva già letto i nostri pensieri e, con il coinvolgimento di Paolo Maranini, studiò una formula che ci diede la possibilità di partecipare e sentirci parte attiva della nuova associazione senza dover aderire formalmente. Fu un colpo di genio, altrimenti il gruppo si sarebbe certamente sciolto, dato che specialmente i primi arrivati erano sì molto religiosi, ma provenienti da famiglie repubblicane o socialiste. Con la stesura dello Statuto redatto da Maranini, neolaureando in legge, si trovò una forma di società che fu accettata da tutto il gruppo e che tuttora funziona. Per molti anni mi sono chiesto perchè Don Fuschini in tutti i suoi scritti non abbia mai fatto cenno alla Compagnia. Forse, giustamente, la riteneva una opera sua e in quanto tale, nel suo stile, che riprendeva il tema dei venticinque lettori di Manzoni, lui si rivolgeva ai suoi due lettori, e quindi non spettava a lui farne cenno. Era l'autunno del 1946 quando alcuni ragazzi, sotto la guida dell'allora 32enne Don Fuschini, presentarono a parenti e amici la loro prima messa in scena, "Pancrezi" (Pancrazio), un atto unico, con ragazzi anche nelle parti femminili. Il gioco, perchè così era partito, colpì tutti come una scossa elettrica, e così si continuò per un paio d'anni con scherzi e farse in dialetto. Nel '49 Don Fuschini, approfittando del rapporto che aveva con il Ricreatorio arcivescovile, che aveva a disposizione un vasto repertorio di copioni e di costumi d'epoca, decise di mettere in scena "I due Sergenti", al quale seguirono nel '50 "Il Conte di Montecristo", nel '53 "Tramonto di sangue", nel '54 "Il gondoliere della Morte", per poi continuare per diversi anni con drammi d'epoca miste a commedie in italiano. Si lavorava in due gruppi distinti e le ragazze si presentavano autonomamente solo con farse e commedie in italiano, come ad esempio "Raggio di Sole", "La vendetta dello zingaro", eccetera.

Nel 1952 con la fusione dei due gruppi, la Compagnia uscì con l'unica operetta della sua storia, "Una gara in montagna", con la direzione artistica di Don Fuschini, e maestro di musica Don Giovanni Zanella. Ebbe un discreto successo ma essendo una cosa molto complessa, con un discreto numero di coristi e comparse, non ebbe seguito. Nel '55 ebbero inizio le recite vere e proprie in Romagnolo. La prima commedia fu "Amor d'campagna" di Icilio Missiroli (primo sindaco di Forlì dopo la Liberazione e ritenuto uno dei maggiori autori di commedie romagnole, ndr). Ne seguiranno moltissime altre, prese dai migliori autori di commedie in vernacolo romagnolo: Corrado Contoli, Delmo Fenati, Bruno Marescalchi, e vari altri. Sono passati ormai oltre sessant'anni e siamo ancora qui, e ancora oggi, come allora, cerchiamo di passare e far passare allegramente una serata, sempre seguendo gli insegnamenti del nostro piccolo pretino, grande Maestro.



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