mercoledì 1 luglio 2009

In onore del grande studioso Manlio Cortellazzo

Manlio Cortellazzo, forse il più grande studioso ed esperto di dialetti italiani, si è spento pochi giorni fa alla bella età di 90 anni. Era di chiare origini venete ma era conosciutissimo in Romagna. Da oltre quarant'anni aveva promosso l'affermarsi delle moderne scienze linguistiche nelle università italiane, dando loro dignità epistemologica e il giusto rilievo che esse meritano. Quando il dialetto era ancora guardato con diffidenza nel mondo accademico, Cortellazzo ne comprese tutta l'importanza scientifica, ma ne colse pure il valore nel contesto del recupero della cultura popolare come mezzo per investigare l'evoluzione dei sentimenti, delle opinioni, delle visioni del mondo delle classi operaie e proletarie, incapaci com'erano di accedere ai mezzi che le classi dirigenti avevano a disposizione per esprimere compiutamentre il loro pensiero. Diresse per molti anni il Centro di Dialettologia del CNR, e da molti anni era socio onorario dell'Istituto Friedrich Schurr, che fu un grande studioso del dialetto romagnolo fin dai primi anni del 900 ed era viennese. Cortellazzo ci lascia opere fondamentali per lo studio dei tanti dialetti del nostro Paese, come ad esempio il DIZIONARIO ETIMOLOGICO DEI DIALETTI ITALIANI (Torino, UTET, 1992), oppure I DIALETTI E LA DIALETTOLOGIA IN ITALIA FINO AL 1800 (Tubinga, 1980). Un settore che lui curò particolarmente fu verso l'italiano "popolare", vale a dire quelle parole intermedie fra italiano e dialetto che troviamo per esempio nelle lettere che i soldati scrivevano a casa dalle trincee della Grande Guerra o, molto più spesso, si facevano scrivere, profittando dei commilitoni che avevano un minimo di confidenza con le lettere. Come si può notare la sua fama aveva superato da molto tempo i confini nazionali. Benchè impegnato su vari fronti già da quindici anni il Professore si era offerto di collaborare con l'Istituto Schurr, quando ancora il suo bollettino "La Ludla" veniva stampato in poche copie e quasi in modo da carbonari presso la canonica di Don Serafino a Santo Stefano, quindici chilometri a sud di Ravenna. La sua collaborazione risultò decisiva per l'ampliamento dello "Schurr", che oggi promuove studi, simposi e concorsi letterari per tenere vivo il dialetto romagnolo, che in realtà si differenzia non poco anche su distanze di venti o trenta chilometri appena. Nella sua ultima visita in Romagna, assieme alla moglie e alla nipote, Cortellazzo lasciò detto: "La sorte ha voluto che assistessi al rapido -anche se meno veloce in Veneto- tramonto delle parlate vernacolari, che prelude alla loro estinzione, sia pure non così prossima come qualcuno paventa. Per questo mi sono investito del compito di recuperare non L'USO del dialetto, impresa che andrebbe contro la Storia, ma la conservazione delle sue ultime e cospicue tracce. Non si tratta di conservare per i posteri un materiale inerte, ma una documentazione, depositata nei modi dialettali, del giudizio delle vicende storiche e sociali delle età trascorse, che la povera gente non era in grado di affidare alla scrittura". At salut, Prufessor, e fa un bò viazz!

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