mercoledì 28 novembre 2012

Marco Pantani, l'ultimo ribelle





Questa intervista fu realizzata da Gianni Minà a casa di Marco Pantani subito dopo la sua forzata esclusione dal Giro d'Italia nella tappa di Madonna di Campiglio il 5 giugno del 1999, per un valore leggermente alto di ematocrito, un valore la cui variazione è dovuta a mille cause. Ciò fece scoppiare il "caso Pantani": lo andarono a prendere addirittura i carabinieri, nemmeno fosse stato un mafioso pericolosissimo. Sei mesi dopo l'esame fu ritenuto nullo, e Marco ritornò a correre, ma ormai il danno era fatto. Vinse ancora due tappe di montagna al Tour de France del 2000, poi la lenta discesa verso gli inferi, la droga, e la tragica fine in quel maledetto giorno di San Valentino del 2004. Aveva appena compiuto 34 primavere. Questa vicenda è narrata nell'ultimo spettacolo del TeatrodelleAlbe di Ravenna, scritto dal regista e drammaturgo Marco Martinelli, eterna anima (che Iddio ce lo conservi a lungo) del fu Teatro dell'Arte Maranathà, poi Linea Maginot, poscia Albe di Verhaeren ed infine Teatro delle Albe inserite però nel contesto di Ravenna Teatro, ove sono presenti anche numerosi giovani attori che Marco è riuscito a formare grazie a vari corsi e laboratori tenuti nei licei della città già a partire dalla fine degli anni Ottanta. Lo spettacolo è in scena fino al 2 dicembre al Teatro Rasi di Ravenna, ma poi andrà in tournèe e, consiglio spassionato, andatelo a vedere ovunque lo vediate in un qualsiasi cartellone, di una qualsiasi città. Lo spettacolo è un atto d'accusa potentissimo contro gli intrighi inestricabili fra le lobby (o se volete, le mafie) delle case farmaceutiche e le associazioni sportive dalle più piccole alle più grandi e potenti, che tuttora sono lì, sono sempre quelle, e fanno il bello e il cattivo tempo. Tutti sanno ma tutti tacciono o fingono di non sapere, tranne poi scagliarsi contro il capro espiatorio di turno, che in questo caso fu Marco Pantani da Cesenatico. Nello spettacolo gli immarcescibili Ermanna Montanari e Luigi Dadina danno corpo e voce ai genitori di Pantani, mentre nel sottofondo appare in forma cantata e poetica la figura del nonno Sotero (che in greco significa "Salvatore"), una tipica figura di vecchio anarchico romagnolo, dai forti valori ancorati alla terra. Marco Pantani, come viene detto alla fine del lungo spettacolo (oltre tre ore, ma passate bene) non era certo un rivoluzionario, ma un ribelle sì, e i ribelli spesso sono molto forti fisicamente ma fragili interiormente. Lo hanno voluto distruggere perchè era il più forte, e in una società di mediocri e di falsi come questa, uno come lui era scomodo. Compì imprese dal sapore antico: scalate in mezzo alla tormenta, distacchi biblici rifilati agli avversari, rimonte impossibili, e tutto questo in un contesto di incidenti e infortuni che hanno dell'incredibile. Alla Milano-Torino un SUV entrò nella corsia dei corridori e lo centrò in pieno, facendolo restare fermo un anno. La causa per il risarcimento danni andò persa, perchè il Comune di Torino non volle pagare i 10 miliardi chiesti come indennizzo. Appena ripresosi fu coinvolto in una caduta provocata addirittura da un gatto grigio. Nonostante questo nel 1998 riuscì nell'accoppiata Giro d'Italia-Tour de France, cosa riuscita a pochissimi campioni. Lo spettacolo è quindi a metà fra narrazione (con magnifici inserti filmati, a volte strazianti e a volte però anche molto divertenti, perchè Marco era uno che sapeva ridere e divertirsi), inchiesta giornalistica, con sottofondi suonati dal vivo alla fisarmonica e cori greci recitati o cantati, che tratteggiano alcune fasi salienti del racconto o fanno da trait d'union alle varie parti. Teatro Rasi pieno, nonostante il nubifragio di ieri sera sulla città, insomma, una bella serata rubata a Ballarò o ad altre amenità televisive. Degli attori nulla da eccepire: li conosco da decenni e sono perfetti. La scrittura di Marco Martinelli (che conosco da oltre trent'anni) è sempre la solita, poetica quando serve e netta e chirurgica quando ci vuole. Un testo il cui scopo è quello, nemmeno nascosto, di far ripartire le indagini sulla morte di Marco Pantani, che nel 2004 furono chiuse in modo frettoloso e con modalità a dir poco sconcertanti. I genitori e la sorella di Pantani, infatti, sono ancora lì e non riescono a darsi pace fino a che non verrà scritta una parola definitiva su questa incredibile vicenda, una parola che riabiliti l'uomo e il campione, che restituisca pace a loro e al loro caro. Ma conoscendo questo Paese non c'è da farsi illusioni: da Giuseppe Pinelli in poi i misteri e le morti sospette sono destinate all'insabbiamento ed infine all'oblìo. Ci sarebbe molto altro da dire, per cui rinnovo l'invito ad accorrere a vedere questo spettacolo ovunque voi siate, e magari dopo ad incavolarvi ancora di più contro le classi dirigenti che ci stanno portando allo sfacelo, in ogni settore.


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