Sicuramente i legionari romani durante
la conquista e la colonizzazione di Rimini avranno avuto modo di
ammirare quel panorama mozzafiato, ad esempio, salendo a Montefiore.
Dalla terrazza a ridosso della rocca lo sguardo corre fino ai lidi
ravennati, e il panorama dà l’idea della vastità di quella pianura ma
soprattutto di una terra favorita dal sommo Giove, che “VENTUS EST ET NUBES; IMBER POSTEA. ATQUE EX IMBRE FRIGUS: VENTUS POST FIT, AER DENUO…” (...,è vento e nuvole, poi pioggia e dalla pioggia il freddo, ancora vento, di nuovo aria…),
ricca di vegetazione e di acque, limitata dal mare a NE e dalla sinuosa
linea delle colline appenniniche a SO da cui scendono numerosi i fiumi
che con ampi meandri, fra terrapieni e zone boscose, la irrigano fino al
mare.
Così dopo quella felice conquista, come
l’usanza, Roma mette al sicuro quello scrigno baciato dagli dei
conquistando e facendo amicizia, non con i Galli nemici irriducibili,
ma con quelle popolazioni umbre che Etruschi e Celti avevano relegato
sulle montagne dell’alto corso del Savio.
La testa di queste tribù, che
stazionavano nelle valli del Savio e del Marecchia, in un felice
arroccamento a dominio della valle del Savio, era la città di Sarsina.
Infatti due anni dopo la conquista di
ARIMINUM (268 a.C.) i Romani se ne impossessano ma soprattutto si fanno
amici quel popolo, siglando un patto di federazione. La conquista della
città cantata da Plinio e da Marziale: ”..rustica lactantes nec misit Sassina metas..” (...la rustica Sarsina non ha mandato i suoi formaggi a forma di cono che grondano latte),
ricca di pecore, di pascoli e di latte, con associazioni e consorterie
potenti e facoltose, ben evidenziato dai monumentali sepolcreti di Pian
di Bezzo, comporta a Roma la celebrazione dei FASTI TRIUMPHALES (266
a.C.), elenco dei successi riportati dai magistrati in carica, nel caso
i consoli Decimo Giunio Pera e Numerio Fabio Pittore.
I Celti arrivarono al di qua del Po
attorno al V secolo a.C provenienti dalla Gallia, l’odierna regione
francese, dilagando nella Pianura Padana vi si insediano stabilmente.
Erano le tribù dei Senoni, Lingoni, Boi che occupavano
aprossimativamente: i Senoni a Sud di una linea fra Brisighella e
Alfonsine, i Linguoni: a Sud di una linea fra Imola e Comacchio, i Boi: a
Nord di quest’ultima linea.
La scoperta di insediamenti
etrusco-celtici, vicino a noi il villaggio di Monte Bibele presso
Monterenzio, ha dato luogo al rinvenimento di oggetti di cultura
celtica databili al V secolo.
Dopo le ripetute sconfitte, fu
rimarchevole quella del 295 a.C nel territorio del Sentino, presso
l’odierno Sassoferrato, costata ai Senoni 25000 morti, che decretò il
loro progressivo tramonto. La sconfitta decisiva di questo popolo, che
aveva una certa egemonia sulle altre tribù galliche, si consumò presso
Arezzo nel 284 a.C. A questo punto i Boi, temendo di fare la fine dei
Senoni, presero le armi contro Roma ma dopo alterne vicende, con la
sconfitta nel 283 presso Bomarzo e a Populonia, in Etruria, furono
indotti alla pace con Roma. Dopo questi fatti, esposti molto
sommariamente, seguì la conquista di Rimini e poi di Sarsina, destinate
a diventare i cardini difensivi e offensivi di quella terra che sarà
l’odierna Romagna.
Forse per questioni di rancore verso i
BOI, che impedivano loro di insediarsi in felici posizioni nel
fondovalle e quindi per essere confinati sulle alture o per riprendersi
quelle terre dalle quali erano già stati cacciati dagli Etruschi,
indussero i Sarsinati a inviare Roma lamentele per continue incursioni
sui loro territori da parte dei Boi, così da indurre Roma a prendere
provvedimenti a favore dei preziosi alleati, senza curarsi troppo della
veridicità delle accuse.
Nel 201 a.C., un anno dopo ZAMA,
Cartagine doveva accettare le condizioni di resa e terminava la
travagliatissima Seconda Guerra Punica, le nuove terre acquisite in
Romagna salutavano il console Publio Elio governatore, inviato da Roma,
di quei territori. Ci atteniamo al racconto di Livio (StorieXXXI) da
cui si può arguire la data degli avvenimenti in quanto cita
indirettamente poco prima la vittoria di Zama (202a.C) e colloca i fatti
che raccontiamo ”Eodem fere tempore”. Publio corre in soccorso dei federati di Sarsina inviando due legioni arruolate per l’occasione (eius causa scriptis) e aggiunge quattro coorti del suo esercito permanente, in tutto circa 10.000 uomini, dando incarico a Caio Ampio (praefectum socium)
di dare una regolata ai Boi che confinavano con quei territori.
Ampio,con quelle truppe un po’ “caciarone” entra nel territorio nemico
attraversando l’Umbria e il territorio dei Sapini(Savio).
Dopo aver sistemato tutte le questioni con una certa facilità (prospere ac tuto), partì verso Modigliana (castrum Mutilum),
luogo ritenuto acconcio per mietere il grano, quindi siamo nel mese di
giugno-luglio. Ampio, forse ritenendosi al sicuro e facendo affidamento
ai patti intercorsi con i Boi, non aveva provveduto a stazionare nei
luoghi opportuni un congruo numero di sentinelle così i Galli
sopraggiunsero all’improvviso ed assalirono con ferocia i soldati
disarmati intenti alla mietitura tanto che costoro si diedero alla fuga
terrorizzando anche le truppe armate nell’accampamento che furono prese
alla sprovvista. Fu una vera carneficina: settemila soldati romani ci
lasciarono la vita compreso il prefetto Ampio. I sopravvissuti, senza
una guida, raggiunsero per strade impervie il console Publio Elio che si
era mosso in loro soccorso. Il console, dopo aver stipulato un accordo
con gli Ingauni Liguri e dopo aver impartito una dura lezione ai Boi nel
loro territorio, ritornò a Roma, ritenendo non ci fosse altro di
importante da fare in quella regione.
La ragione che ha spinto il mio
interesse a questi avvenimenti è che un amico carissimo di Palazzuolo,
uno di quelli che sa riconoscere un sito di interesse archeologico al
fiuto come un cane da trifola, e conosce la storia locale perché la vive
quotidianamente, in loco, stabilendo congetture e intuendo situazioni
logistiche da sbalordire gli addetti per mestiere, mi portò a Modigliana
per mostrarmi qualcosa di interessante. Da un buon punto di
osservazione sulla riva del fiume Tramazzo, a monte di Modigliana, mi
indicò un ripiano coltivato a erba medica, al centro, in chiara
evidenza, un tumulo di qualche decina di metri di diametro. Un altro
tumulo, bislungo, si intravedeva a poca distanza verso il fiume. Poi mi
disse che il contadino si era ben guardato dallo spianare quel rilievo
che poteva dar fastidio alla coltivazione. Infatti, quando egli era
giovane aveva estirpato delle piante su quella collinetta e dal terreno
rimosso erano affiorate armi antiche che si premurò di portare in
Comune. Poi …il silenzio. Nessuno parla di quei tumuli, nessuno conosce
quegli avvenimenti…, o fan finta di non conoscerli? Il Susini parla
brevemente in “Monumenti romani in val di Marzeno” del 1957, di
ritrovamenti, databili 1929/31 “di armi in ferro-punte di lance e
giavellotti-, assieme ad ossa umane ed alcune monete romane, delle quali
non fu conservata la descrizione, si recuperarono da due grossi tumuli
del diametro di m. 50 e dell’altezza di m.8. I tumuli non vennero
esplorati per intero, e permase il dubbio si trattasse di grosse
sepolture, databili forse nella tarda antichità. La località si chiama
tuttora-Campo dei morti”, e si arguisce si tratti della località stessa
che abbiamo visitato a Pennetola.
Susini allora non ammetteva che Castrum Mutilum
coincidesse con Modigliana. Fra l’altro nei pressi circola la leggenda
che in un boschetto nelle immediate vicinanze siano state ritrovate armi
e ossa umane e, quando qualcuno vi si reca per ”curiosare”, si alzi un
vento così impetuoso da impedirvi di sostare…..
Oggi gli studiosi danno ormai per certa questa identificazione di Castrum Mutilum
con Modigliana e quindi si può legittimamente ipotizzare che quei
tumuli sulle rive del Tramazzo siano costituiti dai corpi di quei
soldati caduti nell’imboscata.
Questa verifica faciliterebbe anche,
come Susini stesso diceva, l’identificazione anche di altri toponimi di
quel periodo nelle valli contigue.
Pare che al momento siano in corso
richieste agli uffici competenti per eseguire in quei luoghi scavi
finalizzati alla conferma di ipotesi pregresse. Speriamo che ancora una
volta” la volontà di pochi muova le montagne”!
Autore: Emilio Prantoni - emilio.prantoni1@tin.it
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