giovedì 16 ottobre 2014

Emilio Prantoni, I Tumuli di Modigliana. Da "Archeo Media".

Sicuramente i legionari romani durante la conquista e la colonizzazione di Rimini avranno avuto modo di ammirare quel panorama mozzafiato, ad esempio, salendo a Montefiore. Dalla terrazza a ridosso della rocca lo sguardo corre fino ai lidi ravennati, e il panorama dà l’idea della vastità di quella pianura ma soprattutto di una terra favorita dal sommo Giove, che “VENTUS EST ET NUBES; IMBER POSTEA. ATQUE EX IMBRE FRIGUS: VENTUS POST FIT, AER DENUO…” (...,è vento e nuvole, poi pioggia e dalla pioggia il freddo, ancora vento, di nuovo aria…), ricca di vegetazione e di acque, limitata dal mare a NE e dalla sinuosa linea delle colline appenniniche a SO da cui scendono numerosi i fiumi che con ampi meandri, fra terrapieni e zone boscose, la irrigano fino al mare.
Così dopo quella felice conquista, come l’usanza, Roma mette al sicuro quello scrigno baciato dagli dei conquistando e facendo amicizia, non con i  Galli nemici irriducibili, ma con quelle popolazioni umbre che Etruschi e Celti avevano relegato sulle montagne dell’alto corso del Savio.
La testa di queste tribù, che stazionavano nelle valli del Savio e del Marecchia, in un felice arroccamento a dominio della valle del Savio, era la città di Sarsina.
Infatti due anni dopo la conquista di ARIMINUM (268 a.C.) i Romani se ne impossessano ma soprattutto si fanno amici quel popolo, siglando un patto di federazione. La conquista della città cantata da Plinio e da Marziale: ”..rustica lactantes nec misit Sassina metas..” (...la rustica Sarsina non ha mandato i suoi formaggi a forma di cono che grondano latte), ricca di pecore, di pascoli e di latte, con associazioni e consorterie potenti e facoltose, ben evidenziato dai monumentali sepolcreti di Pian di Bezzo, comporta a Roma la celebrazione dei FASTI TRIUMPHALES (266 a.C.), elenco dei successi riportati dai magistrati in carica, nel caso i consoli Decimo Giunio Pera e Numerio Fabio Pittore.
I Celti arrivarono al di qua del Po attorno al V secolo a.C  provenienti dalla Gallia, l’odierna regione francese, dilagando nella Pianura  Padana vi si  insediano stabilmente. Erano le tribù dei Senoni, Lingoni, Boi che occupavano  aprossimativamente: i Senoni a Sud di una linea fra Brisighella e Alfonsine, i Linguoni: a Sud di una linea fra Imola e Comacchio, i Boi: a Nord di quest’ultima linea.
La scoperta di insediamenti etrusco-celtici, vicino a noi il villaggio di Monte Bibele presso Monterenzio, ha dato luogo al rinvenimento di oggetti  di cultura celtica databili al V secolo.
Dopo le ripetute sconfitte, fu rimarchevole quella del 295 a.C nel territorio del Sentino, presso l’odierno Sassoferrato, costata ai Senoni 25000 morti, che decretò il loro progressivo tramonto. La sconfitta decisiva di questo popolo, che aveva una certa egemonia sulle altre tribù galliche, si consumò presso Arezzo nel 284 a.C. A questo punto i Boi, temendo di fare la fine dei Senoni, presero le armi contro Roma ma dopo alterne vicende, con la sconfitta nel 283 presso Bomarzo e a Populonia, in Etruria, furono indotti alla pace con Roma. Dopo questi fatti, esposti molto sommariamente, seguì la conquista di Rimini e poi di  Sarsina, destinate a diventare i cardini difensivi e offensivi di quella terra che sarà l’odierna Romagna.
Forse per questioni di rancore verso i BOI, che impedivano loro di insediarsi in felici posizioni nel fondovalle e quindi per essere confinati sulle alture o per riprendersi quelle terre dalle quali erano già stati cacciati dagli Etruschi, indussero i Sarsinati a inviare Roma lamentele per continue incursioni sui loro territori da parte dei Boi, così da indurre Roma a prendere provvedimenti a favore dei preziosi alleati, senza curarsi troppo della veridicità delle accuse.
Nel 201 a.C., un anno dopo ZAMA, Cartagine doveva accettare le condizioni di resa e terminava la travagliatissima Seconda Guerra Punica, le nuove terre acquisite in Romagna salutavano il console Publio Elio  governatore, inviato da Roma, di quei territori. Ci atteniamo al racconto di Livio (StorieXXXI) da cui si può arguire la data degli avvenimenti in quanto cita indirettamente poco prima la vittoria di Zama (202a.C) e colloca i fatti che raccontiamo ”Eodem fere tempore”. Publio corre in soccorso dei federati di Sarsina inviando due legioni arruolate per l’occasione (eius causa scriptis) e aggiunge quattro coorti del suo esercito permanente, in tutto circa 10.000 uomini, dando incarico a Caio Ampio (praefectum socium) di dare una regolata ai Boi che confinavano con quei territori. Ampio,con quelle truppe un po’ “caciarone” entra nel territorio nemico attraversando l’Umbria e il territorio dei Sapini(Savio).
Dopo aver sistemato tutte le questioni con una certa facilità (prospere ac tuto), partì verso Modigliana (castrum Mutilum), luogo ritenuto acconcio per mietere il grano, quindi siamo nel mese di giugno-luglio. Ampio, forse ritenendosi al sicuro e facendo affidamento ai patti intercorsi con i Boi, non aveva provveduto a stazionare nei luoghi opportuni un congruo numero di sentinelle così i Galli sopraggiunsero all’improvviso ed assalirono con ferocia i soldati disarmati intenti alla mietitura tanto che costoro si diedero alla fuga terrorizzando anche le truppe armate nell’accampamento che furono prese alla sprovvista. Fu una vera carneficina: settemila soldati romani ci lasciarono la vita compreso il prefetto Ampio. I sopravvissuti, senza una guida, raggiunsero per strade impervie il console Publio Elio che si era mosso in loro soccorso. Il console, dopo aver stipulato un accordo con gli Ingauni Liguri e dopo aver impartito una dura lezione ai Boi nel loro territorio, ritornò a Roma, ritenendo non ci fosse altro di importante da fare in quella regione.
La ragione che ha spinto il mio interesse a questi avvenimenti è che un amico carissimo di Palazzuolo, uno di quelli che sa riconoscere un sito di interesse archeologico al fiuto come un cane da trifola, e conosce la storia locale perché la vive quotidianamente, in loco, stabilendo congetture e intuendo situazioni logistiche da sbalordire gli addetti per mestiere, mi portò a Modigliana per mostrarmi qualcosa di interessante. Da un buon punto di osservazione sulla riva del fiume Tramazzo, a monte di Modigliana, mi indicò un ripiano coltivato a erba medica, al centro, in chiara evidenza, un tumulo di qualche decina di metri di diametro. Un altro tumulo, bislungo, si intravedeva a poca distanza verso il fiume. Poi mi disse che il contadino si era ben guardato dallo spianare quel rilievo che poteva dar fastidio alla coltivazione. Infatti, quando egli era giovane aveva estirpato delle piante su quella collinetta e dal terreno rimosso erano affiorate armi antiche che si premurò di portare in Comune. Poi …il silenzio. Nessuno parla di quei tumuli, nessuno conosce quegli avvenimenti…, o fan finta di non conoscerli? Il Susini parla brevemente in “Monumenti romani in val di Marzeno” del 1957, di ritrovamenti, databili 1929/31 “di armi in ferro-punte di lance e giavellotti-, assieme ad ossa umane ed alcune monete romane, delle quali non fu conservata la descrizione, si recuperarono da due grossi tumuli del diametro di m. 50 e dell’altezza di m.8. I tumuli non vennero esplorati per intero, e permase il dubbio si trattasse di grosse sepolture, databili forse nella tarda antichità. La località si chiama tuttora-Campo dei morti”, e si arguisce si tratti della località stessa che abbiamo visitato a Pennetola.
Susini allora non ammetteva che Castrum Mutilum coincidesse con Modigliana. Fra l’altro nei pressi circola la leggenda che in un boschetto nelle immediate vicinanze siano state ritrovate armi e ossa umane e, quando qualcuno vi si reca per ”curiosare”, si alzi un vento così impetuoso da impedirvi di sostare…..
Oggi gli studiosi danno ormai per certa questa identificazione  di Castrum Mutilum con Modigliana e quindi si può legittimamente ipotizzare che quei tumuli sulle rive del Tramazzo siano costituiti dai corpi di quei soldati caduti nell’imboscata.
Questa verifica faciliterebbe anche, come Susini stesso diceva, l’identificazione anche di altri toponimi di quel periodo nelle valli contigue.
Pare che al momento siano in corso richieste agli uffici competenti per eseguire in quei luoghi scavi finalizzati alla conferma di ipotesi pregresse. Speriamo che ancora una volta” la volontà di pochi muova le montagne”!

Autore: Emilio Prantoni - emilio.prantoni1@tin.it

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