sabato 26 aprile 2014

Toni e' Cuntadèn

Pur lontano dalle scene da molti anni, Alfredo Zoli, scomparso pochi giorni fa a quasi 85 anni, ha mantenuto una fama intatta grazie al suo personaggio le cui radici, solidissime, affondavano nella grande esperienza fin da giovane di trebbi dialettali (fece in tempo a conoscere grandi poeti romagnoli del primo Novecento, come Giannetto Zanotti o Eligio Cottignoli), e sul palco per varie rappresentazioni con compagnie del Ravennate, fino a fondarne una propria: “La Frampulesa”, cioè "La Forlimpopolese". Alfredo Zoli era infatti concittadino di Pellegrino Artusi, il più noto forlimpopolese nel mondo. E “Tony e Cuntaden” è proprio il primo titolo di una commedia che Zoli propone con i suoi giovani compagni di palcoscenico, seguita da tante altre come “Una Cà senza copp”, “Am voj maridè la surela ad mì surela (ach fatt tramesch)”, “Parò la vita ach fatà fregheda” e infine “Un dè ad San Lurenz”, quest’ultima mai rappresentata in teatro. Numerosi i premi vinti alle varie rassegne teatrali. La fama raggiunge anche le orecchie di Federico Fellini, che nel 1973 sceglie Zoli ed alcuni suoi compagni per doppiare i personaggi di “Amàrcord”. Fu l’ingegnere Annibale Persiani, fondatore di Teleromagna, a portare quel personaggio in televisione, in un’epoca in cui le emittenti private si affacciavano per la prima volta alla ribalta. «La trasmissione - ricorda Maurizio Zattoni, dal 1979 responsabile commerciale di Teleromagna - andava in onda il martedì dalle 20 circa e doveva durare un paio d’ore ma finiva sempre per arrivare a tre o tre e mezza per lo slancio di Zoli, che trascinava tutti con la sua capacità di improvvisatore. Le scalette saltavano sempre e non potevi prevedere cosa avrebbe fatto in studio, sempre rigorosamente in diretta. Gli ascolti sono decollati subito e mi ricordo che gli sponsor facevano a gara per apparire nel programma, al punto che in due ore arrivammo a fare 12-15 passaggi da tre minuti ciascuno». A Zoli si deve l’idea di portare in studio, passato dagli angusti spazi di via Fortis a quelli più grandi della sala Mazzini (dal 1981) in corso della Repubblica, sempre nel cuore di Forlì - attuale sede delle aule universitarie - le orchestre, il liscio, i gruppi folcloristici romagnoli, la gara delle sfogline e altro ancora, ricreando davanti alle telecamere un ambiente tradizionale e famigliare che fece da catalizzatore per migliaia di spettatori, diventando un modello imitato da tutti. «Era bravissimo a toccare le corde della tradizione - ricorda il giornalista Fausto Fagnoni, tra i fondatori 40 anni fa dell’emittente -. Il suo successo era tale che quando girava per strada bloccava il traffico, tanta era la gente che lo additava e gli voleva parlare. Schietto e immediato come il suo personaggio ma al contempo raffinato autore di commedie, poeta e uomo di profonda cultura». Affranto l'ingegner Persiani: "Quando perdi un amico perdi una parte di te che non tornerà più, lasciando un vuoto sconfinato nel cuore, ma la stima e l'onestà che c'erano fra di noi resteranno in eterno". Negli anni della televisione ebbe persino il tempo e l'ispirazione di dare vita ad un bellissimo libro di poesìe: "Tony a la Garboja", illustrato dal grande pittore Werther Morigi.

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