Dipingere è un albero cavo. E’ un filo teso tra la terra e il cielo. E’
un momento di trance ipnotica. Nella preistoria, lo sciamano e il
creativo erano la stessa persona. La veggenza è un viaggio nella terra
di nessuno.
Dipingere è una scommessa, un atto di crescita, perché di
consapevolezza. Ci sono spazi bianchi come parole mai dette e silenzi
“parlanti”, colori tenui come piccole frasi sussurrate, piccoli pensieri
appena accennati, abbozzi di sorrisi, lacrime che restano attaccate
alle ciglia. Il colore ha dei sussulti forti verso la luce, diventa
sempre più deciso quando la luce (coscienza) lo fa vibrare.
Nella pittura ci si confronta con le proprie emozioni su un piano
simbolico, ci sono emozioni trattenute, emozioni delicate, e in
crescendo, emozioni prepotenti, emozioni trascinanti, emozioni
devastanti, emozioni distruttive. Come gestirle? Lasciarle andare? e in
quale misura? e in quale direzione?
Dipingere significa staccarsi da sé per entrare in un territorio
“neutro”, di viaggio, di scoperta. Significa accettare di fare tesoro
dai propri errori, per ricominciare da capo. Si cancella moltissimo,
durante la realizzazione di un’opera. Cancellare la pittura “sbagliata” è
un atto di coraggio e di crescita. Bisogna essere onesti. Senza onestà,
non si arriva da nessuna parte in un lavoro serio, la furbizia non
paga. Il mio professore di pittura mi diceva che l’atto di cancellare è
il primo passo verso la grande pittura. Come in ogni viaggio che si
rispetti, c’è il momento iniziale, la scoperta della tela vergine, di un
territorio sconosciuto ma accogliente, dove tutto è possibile… io passo
molto tempo ad accarezzare la tela, come un’arpa. La tela bianca è
bellissima, ha un buon odore, e il gesso che forma il primo strato è
familiare e rassicurante.
Poi ci si addentra, pieni di vitalità, ignari delle insidie, è il
momento più bello. La matita o il pennello traccia linee immaginarie,
appena abbozzate con rapidi segni, come guardare l’orizzonte e sognare
mete future. Non importa che si debba rappresentare una spiaggia
tropicale o un quarto del tavolo di cucina, è sempre un viaggio in un
territorio sconosciuto.
Come in ogni viaggio, all’inizio si ipotizzano percorsi fattibili. Ma
arrivano le difficoltà e le battute d’arresto, problemi tecnici e
simbolici di difficile risoluzione. Il momento più duro sta nel mezzo
dell’opera. E’ importante fermarsi, la strada è lunga, bisogna capire
bene dove andare. Dove si deve insistere, scavare, tirare fuori, o
seppellire. Dove si può applicare una invenzione. E dove può essere
l’inganno.
Dipingere è un susseguirsi di problemi da risolvere.
Tutta la creatività si basa su “problemi” da risolvere, solo che i problemi non sono reali, sono immaginari.
Ad un certo punto, proprio nel momento più duro, arriva la risoluzione
dei problemi, e la fine dell’opera. In realtà l’opera non finisce mai,
ma arriva un momento in cui si deve prendere un congedo a tempo
illimitato dalla propria creazione. Quel momento arriva, quando i
problemi sono stati risolti e il quadro è come lo volevamo all’inizio, o
diverso da come lo volevamo, ma ci fa sentire soddisfatti.
Allora si può indugiare ancora un po’ sull’opera già “finita”, con
piccoli ritocchi, più per la propria soddisfazione (vanità) che per
reale necessità. Dipingere può essere anche molto divertente, quando si è
padroni della pittura e ci si può permettere di scherzare con le
immagini.
Il disegno è lo scheletro che regge l’impalcatura del colore, lo
paragono alla ragione, al logos, alla parola, alla dialettica. Il colore
è il mondo emotivo.
La pittura ha un odore forte di solventi e di olio, è una forma molto
materica, quasi preistorica, sicuramente infantile, ci si sporca quando
si dipinge, così come ci si “sporca” quando ci si emoziona (ed è per
questo che molti scelgono di congelare le proprie emozioni). Ma la
struttura del quadro non è solo preistorica, è anche storica, è fatta di
dialettica; di rapporti tonali, di chiaro-scuro, di piani che avanzano e
di altri che retrocedono, e tanto altro.
Dire che un pittore si sveglia e si mette a dipingere così “come gli
viene” preso dagli impulsi del momento, è una solenne cretinata. Ai
tempi di Leonardo, un pittore era anche un matematico e, anche se i
tempi sono molto cambiati, per dipingere occorre ancora, prima di tutto,
pensare. Potrei dire ancora molte cose sulla pittura, come viaggio,
come meditazione, come vita. Ma preferisco dipingerle!
Nessun commento:
Posta un commento