lunedì 9 aprile 2012

Pasqua 1512, la battaglia di Ravenna, contesto storico e antefatti



Una delle battaglie più sanguinose di tutti i tempi. Anche questo fu un effetto della "globalizzazione", sia pure in modo indiretto, in quanto la conquista dell'America stava ridisegnando nuovi equilibri e nuove potenze all'interno dell'Europa. Anche allora la potenza del soldo, e dei commerci, era esiziale nel contesto umano e sociale. Nel 1503 muore Alessandro VI, il Papa della famiglia Borgia, e dopo un solo mese muore anche il successore Pio III. Viene quindi elevato al Soglio Pontificio Giulio II, della potentissima famiglia romana Della Rovere (sarà quello che inizierà l'edificazione della odierna basilica di San Pietro), che riprende subito i programmi bellici del Borgia. Nel 1506 iniziò il recupero dei territori romagnoli caduti in mano veneziana, di Bologna, ritornata ai Bentivoglio, di Pesaro, ritornata agli Sforza, e di Perugia, di nuovo in mano ai Baglioni. Grazie all'alleanza col Re "cattolicissimo" di Francia Luigi XII, prese senza combattere Perugia, e poi cinse d'assedio Bologna, che cadrà l'11 novembre 1506. Nel 1508 Giulio II strinse ulteriori alleanze per ridurre ulteriormente la potenza di Venezia. Il tutto si concretizzò il 10 dicembre 1508 a Cambrai, in Francia, dove oltre al padrone di casa aderirono l'Imperatore Massimiliano d'Asburgo, il Re di Napoli Ferdinando II e il Duca di Ferrara Alfonso d'Este. Il 14 maggio del 1509 le truppe alleate travolsero i Veneziani ad Agnadello, tra Brescia e Verona, e la Serenissima dovette abbandonare Lombardia, Romagna e i suoi possedimenti in Puglia. Il 22 dicembre di quell'anno, inoltre, una flotta di barconi veneziani che cercava di risalire il Po, venne intercettata a Polesella di Rovigo dalle batterie ferraresi e colata a picco quasi per intero. Venezia, allora, cercò una via d'uscita attraverso la diplomazia. Cedendo i territori romagnoli e pugliesi, disgregò l'alleanza, e indusse Giulio II a revocare la scomunica data a Venezia, in quanto resosi conto della sempre più ingombrante presenza dei Francesi. Nel frattempo si aprì un contenzioso fra la "Santa" Sede e il Duca di Ferrara, partendo dal fatto che il Duca voleva riaprire le saline di Comacchio che poi avrebbero fatto concorrenza a quelle di Cervia. In realtà la posta in gioco era ben più alta: lo stato di Ferrara si delimitava a forma di mezzaluna fra Emilia e Toscana, partendo dall'Adriatico e terminando sulle coste della Versilia, passando attraverso le ricche città di Modena e Reggio Emilia, intercettando così (e tassando) i commerci fra Nord e Centro Italia. Nell'agosto 1510 il Duca di Ferrara viene scomunicato e dichiarato decaduto da tutti i suoi feudi avuti in vicariato dalla Chiesa. Ciò provoca l'immediata reazione della Francia, che si schiera con Ferrara. Le truppe del Papa entrano nella Romandiola (la Romagna Estense) ed espugnano il castello di Lugo all'alba del 20 agosto 1510, quindi avanzano verso l'attuale confine fra le province di Ravenna e Ferrara, raggiungendo la Bastìa del Zaniolo, presso Lavezzola, punto strategico sul Po di Primaro (l'attuale Reno), che verrà conquistata al terzo assalto. Ma il Duca Alfonso riprenderà tutto entro il maggio successivo.

La partita viene giocata anche sul piano politico. Nel tentativo di screditare Luigi XII, Giulio II radunerà a Tours un sinodo di vescovi francesi che decideranno l'apertura di un Concilio scismatico a Pisa, in settembre, poi spostato a Milano, e infine a Lione, dove verrà sciolto nel giugno 1512. Lo sviluppo della guerra, che non favoriva le forze pontificie, indusse il Papa a costituire una nuova alleanza, la cosidetta Lega "Santa", l'8 ottobre 1511 a Roma, e comprendente la Repubblica di Venezia, la Spagna, la Svizzera e l'Inghilterra. Dall'altra parte la Francia, i Ducati di Ferrara e di Mantova, la Repubblica di Firenze e Bologna. Il Re Luigi XII invia una forte armata guidata dal nipote, il ventitreenne Duca di Nemours, Gaston de Foix, soprannominato il "fulmine d'Italia", che troverà la morte a Ravenna insieme al fior fiore dell'aristocrazia europea. Il 23 maggio 1511 Gian Giacomo Trivulzio, comandante delle truppe francesi, entrò in Bologna, grazie all'azione sostenuta da elementi filobentivoglieschi. Il legato pontificio Francesco Alidosi fuggì a Ravenna, dove venne accusato di viltà e tradimento. Il Cardinale non seppe far altro che incolpare Francesco Della Rovere, ventenne Duca d'Urbino e nipote del Papa, il quale, venutolo a sapere, lo pugnalò in strada, uccidendolo. Il nipote del Papa, del resto, non entrò in lizza adducendo la precarietà del suo Dominio e l'impreparazione delle sue truppe. Certo è che tra i suoi militi e quelli della Lega "Santa" non correva buon sangue, tanto che a Cesena ne ammazzarono una ventina nel gennaio successivo. L'esercito del Papa è quindi costretto a lasciare i dintorni di Bologna. Nel gennaio 1512 l'esercito spagnolo entra nella Romandiola e punta verso Bologna, che però resiste. In soccorso, arriva da Milano il grosso dell'esercito francese, comandato da Gaston de Foix, che prima espugna Mirandola e poi sblocca la situazione a Bologna. Nel frattempo Brescia si ribella e chiede l'aiuto veneziano, ma Gaston De Foix in pochi giorni con 12000 uomini si porta a Brescia a riprendere la città ribelle. De Foix riunisce quindi l'esercito nelle campagne fra Reggio, Modena e Bologna. Gli estensi, dal canto loro, muovono verso Conselice, Massalombarda, Lugo e Bagnacavallo, stringendo in una morsa gli spagnoli, che sono costretti a ripiegare lungo la Via Emilia verso Imola, Castelbolognese e Faenza. Il comandante spagnolo, il vicerè di Napoli Ramon de Cardona, intuito il piano avversario e messo a conoscenza della possibile resa di Ravenna ai francesi, invia il condottiero Marcantonio Colonna verso la città con una forte truppa al seguito. A Ravenna già stavano 1000 fanti spagnoli e 100 cavalli, pertanto Colonna lascia 400 fanti a presidio del castello di Russi, importante nodo stradale fra Ravenna, Faenza e Bagnacavallo. Nel frattempo, mentre il Cardona attende un rinforzo di mercenari svizzeri, giunge notizia della defezione dell'Imperatore d'Austria dall'alleanza con la Francia. Per tale motivo De Foix riceve l'ordine di dare subito battaglia e ritornare poi a Milano per far fronte ad eventuali minacce dalla Svizzera. Si porta quindi verso Ravenna, ultima speranza per trovare sostentamento a un'armata di circa 25000 uomini, e per dare finalmente battaglia. L'esercito francese si riunisce tutto a Bagnacavallo e porta la sua prima onda d'urto contro il castello di Russi, che cade dopo due giorni di inutile resistenza: i Francesi non faranno prigionieri. L'esercito della Lega "Santa", nel frattempo è acquartierato presso Forlì. Il 7 aprile l'esercito francese si disloca nella piana fra Godo e San Marco, sulla riva sinistra del fiume Montone. Il giorno dopo i francesi si avvicinano alla città, dopo aver passato il fiume, nella zona di Porta Adriana. A Porta Adriana avviene un episodio che condizionerà gli eventi del dopo battaglia. Facendo credere che i ravennati volessero arrendersi, il Colonna fa aprire la porta, da cui entrano trecento fanti francesi. Richiusa la porta alle loro spalle, gli spagnoli li assalgono e li massacrano ferocemente, anche per vendicare i loro 400 caduti di Russi. Il 9 aprile le artiglierie ferraresi cominciano a colpire le mura della città fra Porta Gaza e Porta San Mamante, nella zona sud. Il punto viene scelto per via della mancanza di acque in mezzo e per la bassa altezza delle antiche mura romane, già degradate all'epoca. Dopo aver fatto crollare circa venti metri di mura, avviene l'assalto all'arma bianca. I francesi però non fanno i conti con l'abilità bellica del Colonna, che fa installare una colubrina sopra porta Gaza che prende d'infilata gli attaccanti. Dopo tre tentativi i francesi ripegano, lasciando sul campo circa duecento morti. Riguardo ai pezzi in campo, lo storico Guicciardini ci riporta la presenza di 30 bocche da fuoco del Duca d'Este. Gaston De Foix, per evitare ulteriori perdite rimanda l'assalto finale all'11 aprile. Nel frattempo l'armata spagnola si mette in marcia da Forlì, dopo aver udito da lontano il rombo delle artiglierie nemiche all'opera e punta verso Ravenna, ponendo base, nel pomeriggio del 10, presso San Bartolo, a 8 km a sud di Ravenna e nella zona destra del fiume Ronco, che qualche chilometro più a nord si congiunge col Montone. Senza più vie d'uscita, il De Foix manda un'ambasciata al Cardona dicendogli che intende dare battaglia in campo aperto il giorno dopo, giorno di Pasqua, a patto di poter varcare il Ronco senza disturbi. Cardona accetta. Una piccola nota: un esercito di tali proporzioni richiede forti rifornimenti alimentari giornalieri, e all'epoca veniva supportato da centinaia di civili addetti alla bisogna, tra i quali centinaia di donne, impiegate come cuoche, vivandiere e, chiaramente, molto  "altro" ancora. Poi c'erano maniscalchi, genieri, furieri, armieri, medici, addetti al montaggio e smontaggio delle tende, eccetera. Quindi, trovandosi in terre straniere e ostili, il saccheggio e la confisca era prassi comune, a cui seguiva spesso ogni tipo di morbo, in quanto le norme igieniche erano le ultime cose di cui a quei tempi (ma anche oggi!) ci si potesse preoccupare. La situazione logistica è, in questo caso, a netto favore della Lega "Santa", ma il Cardona non ne approfitta. E, anzi, quando si avvede dell'enorme sproporzione di forze che varcano il Ronco, soprattutto a livello di artiglierie, si pente della concessione fatta, e del non aver dato ascolto a Fabrizio Colonna (nipote di Marcantonio), che gli implora di attaccare i nemici proprio in quel momento, in cui sono più vulnerabili. Alfonso d'Este transita per ultimo, con le sue artiglierie, che decideranno le sorti della battaglia. In retroguardia vengono lasciati 400 fanti sotto le mura comandati da Ivo D'Allegri e presso il Montone altri 1000 comandanti da Paris Scotto. Avviene così il dispiegamento, con gli Spagnoli che, durante la notte, operano uno scavo profondo oltre un metro per poi ripararsi dietro la terra di scavo, con un varco da cui poter far uscire la cavalleria. Dietro l'argine le truppe della Lega sistemano le artiglierie grosse, mentre le piccole bocche da fuoco sono alloggiate in cinquanta carrette falcate davanti al "trincerone". Questo gruppo di carrette fa parte di uno stratagemma ideato da Piietro Navarro, al cui uso addestra 5000 fanti. Già nella battaglia di Cerignola gli spagnola avevano sperimentato con successo una simile tattica. Chiaramente cinquecento anni di tempo hanno cancellato ogni tipo di traccia residuale di tale fortificazione, che doveva essere lunga all'incirca un chilometro, anche se la zona ancora oggi è chiamata sinistramente "Tomba dei Galli". In questo ristretto spazio di circa un chilometro e mezzo quadro, l'11 aprile 1512 si decide la sorte di oltre trentamila vite umane. Sono presenti vari personaggi destinati alla Storia, tra i quali il comandante La Palisse, famoso forse più per i suoi motteggi che per le virtù militari, o il capitano di ventura Ettore Fieramosca, che vinse nel 1503 la famosa disfida di Barletta contro i Francesi insieme ad altri dodici cavalieri italiani, due dei quali sono con lui a Ravenna. Un segno infausto apre la giornata: "Le soleil se levait très rouge" (J. MICHELET, Histoire de France, pag. 267). I potenti dell'epoca governavano per grazia di Dio, e con il consulto degli astrologi. Tutta la vita di corte era condizionata dai sogni, dalle premonizioni e dai segni, non esistendo allora, e fino al 700, distinzione alcuna fra astronomia e astrologia. Il tempo dello scontro finale si stava quindi definitivamente compiendo.

2 commenti:

  1. Caspita... un racconto bello pieno... anche abbastanza "teatrale" secondo me... sembra incredibile, ma la storia d'Europa fino al secondo conflitto mondiale è tutta costellata da episodi bellici e da complotti e molto altro come questi da te descritti così mirabilmente ed efficacemente... lo sai che non te lo dico per piaggeria, ma complimenti davvero per avere riproposto in questo bellissimo blog tali contesti storici, scenografie, sceneggiature e personaggi.

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  2. spero ti avvinca anche il finale della storia, mi sono avvalso di vari testi... e ho fatto vari sopralluoghi sul teatro della battaglia, fa impressione vedere la campagna vuota attorno alla Colonna e pensare che lì è morta così tanta gente... è un luogo decisamente sinistro.

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