sabato 24 dicembre 2011

La corte del capofreddo, Sparagnì e altre storie di Alberta Tedioli

Diamo volentieri la notizia della recente presentazione del libro "Le corte del capofreddo" avvenuta a Faenza




Faenza. “Le corte del capofreddo” (Giraldi editore) è il titolo del libro di Alberta Tedioli presentato, con la presenza dell'autrice, sabato 29 ottobre 2011, ore 17.30, alla Bottega Bertaccini (corso Garibaldi 4). Introduzione di Loretta Scarazzati (in collaborazione con l’associazione ParoleCorolle).
Non so se esista un Campionato mondiale del Racconto. Sicuramente nel Guinness dei primati è entrata una micro-storia dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso. La sua fama è dovuta al più breve racconto della letteratura universale: “Il dinosauro”. “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì”.
Questo testo (amato da Italo Calvino tanto da citarlo nelle sue “Lezioni Americane”) ha dato una notorietà internazionale al suo autore. Ciò non lo inorgogliva, semplicemente ne rideva, come di tutte le cose della vita, anche quelle tragiche.
Anche Alberta Tedioli ride, in queste microstorie che compongono il suo nuovo libro “Le corte del capofreddo”. Ride delle cose contraddittorie, paradossali e tragiche della vita. A volte ci regala un sorriso amaro, o semplicemente ci fa pensare e riflettere. Ne parla, ne scrive, in figure anche brevissime, tre righe, sette righe, a volte anche una sola riga basta per descrivere o tratteggiare le nostre piccolezze o le piccole crudeltà del vivere quotidiano, sempre più assurdo e incomprensibile. Sono racconti di fantasia, certo, ma talmente realistici da sembrare veri.
Se mai ci sarà un Campionato mondiale del Racconto speriamo che Alberta vi voglia partecipare.




Un altro gustoso libro dell'autrice modiglianese, uscito nel 2009

Comicità e mistero in un romanzo avvincente, dedicato ai contadini di collina "dimenticati dalla storia" - con un glossario di parole tipicamente modiglianesi

Spendere e comprare? Un delitto, secondo Sparagnì, il modiglianese avaro fino alla comicità che imperversa nelle pagine di questo libro: una sorta di Arpagone romagnolo, che vive con la moglie Clarina al podere Gramigna, senza concedersi (e concederle) nulla di superfluo. Nemmeno la nascita di Cesarino scalfisce il suo stile di vita grottesco e spartano, il suo attaccamento morboso agli oggetti, che va a raccattare anche nei cassonetti per poi riporli ordinatamente in cantina.
Non c’è amore in Sparagnì: solo cinismo, avarizia e il lucido progetto di accumulare soldi... per non spenderli. Ma quando il piccolo Cesarino, alla vigilia del primo giorno di scuola, si perde nel bosco, la storia si tinge improvvisamente di mistero...




ven 15 ottobre 2010

"SPARAGNI', " L'AVARO DI ROMAGNA" L'OPERA PRIMA DI ALBERTA TEDIOLI -

Recensione di Claudio Alessandri

Non è facile che qualche avvenimento giunga a meravigliarci, avvezzi come siamo a scoprire in ogni luogo ed in ogni individuo la “scintilla” talentuosa di un inaspettato ed insospettabile scrittore.
Eppure ciò è avvenuto nel corso di una delle nostre soventi visite a Imola dove vive e lavora da qualche anno una mia figlia che mi ha fatto dono di un dolcissimo nipote. Quella cittadina in provincia di Bologna, ma con un disperato desiderio d’appartenere alla Romagna, ospita nei mesi invernali e primaverili uno dei classici mercatini dove si vendono dalle cianfrusaglie a mobili più o meno antichi, dai busti bronzei di malinconici Mussolini a colbacchi (autentici?) della fu armata rossa e non è raro trovare qualche bella ceramica peraltro carissima.
Quello che mi ha sempre attirato di questi mercatini è il banco dei libri usati gestito da una signora dall’aspetto mite e dal colloquiare gentile e pacato. Ci conosciamo da qualche anno e, appresa la mia passione per i libri, non dico rari, ma certamente non comuni, in più riprese mi ha scovato qualche “chicca” letteraria, fra le tante un'edizione economica della Storia delle Crociate scritta da Michaud ed illustrata da cento splendide incisioni del Dorè.
La sorpresa ci è giunta proprio da quella gentile ed ancora piacente romagnola. Non si tratta di una rarità antica, ma di una sorpresa nuovissima, un romanzo scritto e pubblicato da Alberta Tedioli, una “venditrice di sogni” del paesino di Modigliana (FO).
L'ho acquistato, vinto da grande curiosità, ed ho iniziato a leggerlo immediatamente. Ho smesso solamente quando sono giunto al termine e per qualche tempo sono rimasto con quel libro in mano fissando il vuoto, riflettendo sul contenuto di quel romanzo che si intitola: “Sparagnì – L’avaro di Romagna” – (il gomito nel cuore), edito dalla casa editrice Tempo al libro Faenza (Ra).
Nel leggere questo romanzo dalla narrazione piana, scorrevole, scritto in un italiano piacevolmente corretto, interrotto, alle volte, da alcune espressioni dialettali romagnole ad impreziosire un racconto che “profuma” di campagna, risentiamo la nostalgia dei luoghi rimasti nel nostro ricordo, magari resi ancor più reali nei racconti di nostra madre, romagnola verace.
Nonostante Alberta Tedioli narri di una vita legata ancora, pur con l’intervento del progresso, a tradizioni di una civiltà antica che reca in se i germi del “nuovo” reclusi nel “vecchio”, si è portati, se non a giustificare, almeno a comprendere degli atteggiamenti altrimenti deprecabili. Quello che ci viene descritto è un mondo in bilico tra un dominio patriarcale ed il desiderio femminile di affrancarsi da una condizione di schiavitù, che adesso mal sopporta, scorgendo, anche se da lontano, i bagliori delle grandi città piene di negozi eleganti e di una umanità diversa, differente dal loro parlare, vestirsi e addirittura camminare. Se poi consideriamo che la Clarina ha sposato Cencino, come lo chiama affettuosamente la moglie, un contadino tanto tirchio da essere chiamato “Sparagnì”, il quadro è bello che dipinto. Sparagnì non è solamente tirchio in modo feroce nello spendere i suoi soldi, ma financo a far dire al suo prossimo: “va nel cuore con il gomito”. Non si tratta più di vil denaro, ma di sentimenti. Quell’uomo non è avaro solo nel “mettere la mano in tasca”, ma lo è anche nel cuore, cioè è privo di sentimenti, per meglio dire, rifiuta persino di concedere il suo affetto anche alle persone a lui più vicine: la moglie e il figlio, Cesarino.
Un figlio concepito da Sparagnì quasi inconsapevolmente e mal sopportato, perché “crescere un figlio costa”. Figurarsi, dunque, quando Clarina gli annuncia di attendere un altro figlio. Sparagnì accoglie quella notizia alla stregua di una spaventosa disgrazia, al punto da suggerire alla consorte l’aborto, che Clarina respinge con sdegno.
Da quel momento Sparagnì, contadino abilissimo, ma privo della più elementare umanità, dà il via ad una guerra personale contro sua moglie, un'ostilità crudele che non conosce ragionevolezza. Per Clarina la tragedia si trasforma in buia disperazione, non trovando comprensione, né da sua madre (“vedrai passerà”), né dal prete della sua parrocchia, che minimizza, teorizza, fa minuta filosofia, digiuno com'è delle più elementari conoscenze di vita coniugale, ma, in compenso, ferratissimo sugli intangibili principi religiosi. Per Clarina si apre un baratro incolmabile di dolorosa tristezza, nel constatare di non essere compresa. Da nessuno le giungerà soccorso.
Probabilmente, Alberta Tedioli, ad un certo punto del racconto, cede alla tentazione della “lotta di classe”, inserendo un personaggio femminile: una “gran signora” che abita a Milano, ma che è nata a Modigliana. Questa, prima insidia il marito, poi, subdolamente, lo coinvolge in un'avventura commerciale che, per l’ignaro ed illuso Sparagnì, segnerà la fine dei suoi sogni di amorosa conquista. Quello che significherà per lui la “disperazione”, però, sarà la perdita di tutti i soldi ragranellati con estrema avarizia, unica ragione ed amore della sua vita.
La fine di tutto sarà segnata dalla catarsi, una conclusione nella quale la tragedia avrà il sopravvento su ogni ragionevole speranza di riscatto. Raggiunto il limite oltre il quale il dolore non può giungere, compresa la morte, all’inizio misteriosa, dell’adorato Cesarino, per assurdo, nella vita di Clarina ritorna la pace, una tranquillità che segna la nascita a nuova vita, straordinaria, inconscia filosofia contadina, nella quale anche il dolore più atroce fa parte del naturale alternarsi delle stagioni. Non ottusa indifferenza, ma sublimazione del vero valore della vita, nell’alternarsi altalenante che conduce, alla fine, ad un equilibrio perfetto: il dolore e la felicità si pareggiano, si compensano.
Intendiamoci, forse il racconto si prolunga un po’ troppo, ma, in quanto “opera prima”, merita tutta l’attenzione in attesa di conferme che verranno, speriamo, in un prossimo futuro.




Alberta Tedioli è nata il 12 dicembre del 1950 a Modigliana, dove vive tuttora. Ha fatto l’operaia, l’impiegata statale, la mamma di tre figli e tante altre cose. Si è diplomata mentre faceva anche l’operaia, nei lontani anni Settanta. Il suo lavoro preferito, quello che avrebbe voluto fare per tutta la vita, l’ha scoperto dopo i 50 anni: vendere libri usati o antichi ai mercatini. Ha pubblicato vari articoli su periodici locali e ogni anno scrive per l’almanacco di Modigliana il ritratto di un personaggio originale scomparso. Ha curato il libro di detti romagnoli intitolato Amo ció; ha inoltre pubblicato un articolo di satira su M, l’allegato all’Unità diretto da Staino. Questo è il suo primo romanzo, che ha come protagonisti i contadini di collina, gli ultimi, i dimenticati dalla storia.

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